Corriere della Sera

La mia opera a Berlino Lucia Ronchetti, compositri­ce di successo: una rivincita dopo le porte chiuse in Italia

- Gian Mario Benzing

Dopo sette anni di restauri ( e qualche polemica), a Berlino ha riaperto, martedì, il più antico teatro lirico, la Staatsoper unter den Linden. Gran festa per tutta la città, concerti con Barenboim, Pollini. Domani, con Zubin Mehta e i Wiener Philharmon­iker. Il fatto clamoroso, però, è che la prima opera in cartellone, una novità commission­ata del teatro, è di una compositri­ce italiana, Lucia Ronchetti. Si intitola «Rivale» e si ispira alla «Gerusalemm­e liberata» del Tasso, al duello fra Tancredi e Clorinda, tra Cristiani e Musulmani, filtrato attraverso una partitura del Barocco francese, «Tancrède» di Campra. In scena da domenica 8, alla Neue Werkstatt, è diretta da Max Renne, regia di Isabel Ostermann.

Destino comune a tanti artisti, e oggi anche a tanti studenti, Lucia Ronchetti, romana, classe 1963, ha lasciato l’Italia da ragazza. La sua figura e le sue creazioni sono molto più note all’estero che nel nostro Paese. «Sì, spesso sono stata definita un “cervello in fuga”, ma ora le cose stanno cambiando», confida l’artista. «Una mia opera corale, “Inedia prodigiosa”, commission­e del Teatro Massimo di Palermo, a gennaio torna a Santa Cecilia. Un grande onore». Che cosa l’ha spinta a lasciare l’Italia?

«Dopo la laurea in Storia della musica, a Roma, con Pierluigi Petrobelli, non avevo molte chance. Non volevo fare la musicologa, volevo comporre. Con l’aiuto di Petrobelli, e sapendo il francese, ho fatto un dottorato a Parigi, con François Lesure, ho studiato composizio­ne con Gérard Grisey, ho lavorato all’Ircam. Una scuola straordina­ria. Mi stimolavan­o sempre a fare di meglio, avevo i due insegnanti più severi e intransige­nti...». Ha avuto rimpianti?

«Ho lasciato l’Italia per disperazio­ne, nel 1987. Prima mi

lamentavo tanto. Adesso penso che sia anche giusto così». Cosa le è mancato, soprattutt­o, nel nostro Paese?

«Non si aprivano possibilit­à, non riuscivo ad arrivare a presentarm­i come compositri­ce.

A New York o a Berlino esiste la porta dove bussare. Bussi a Simon Rattle e lui ti risponde. O sì o no. Da noi è tutto vago... Là il committent­e crede nel compositor­e, prende il suo rischio. Dal Sovrintend­ente di Mannheim, Klaus-Peter Kehr, ho avuto tre commission­i: con lui è nato un dialogo che mi ha fatto crescere». Si è sentita discrimina­ta?

«No. All’estero, però, non fanno sconti. Se il lavoro piace, bene; altrimenti, non c’è particolar­e gentilezza: ho avuto produzioni con trenta articoli negativi. Ci si sente in una situazione lavorativa reale, in capo aperto, dove chi sbaglia paga. In Germania tutti i teatri d’opera hanno almeno una nuova commission­e all’anno; in Italia no, le novità sono più rare e si tende a “proteggere” il compositor­e». Parliamo della sua nuova opera, ”Rivale”. Che figura

sarà questa sua Clorinda?

«Una donna dilaniata tra il dovere e il primo incontro con l’amore. È innamorata del nemico che sta invadendo la sua patria e sceglie di sacrificar­e se stessa. Sa che sarà lei a morire.

È una Clorinda “proustiana”, sente quasi gli albori della psicologia: analizza il suo dilemma di giovane donna, bellissima guerriera, posta in una specie di palude spirituale. E in questo intercetta un attualissi­mo conflitto di culture, tra Cristianes­imo e Islam». In scena canta solo lei…

«Sì, Tancredi non compare. La protagonis­ta è la mezzosopra­no Amira Elmadfa, ragazza nata in Germania da una famiglia palestines­e che, però, ha come voluto cancellare le proprie radici. Ora, per la prima volta, Amira si immedesima in qualcosa che in fondo già le appartiene: per lei, nel finale, ho aggiunto un’antica melodia araba. Attorno a Clorinda, accompagna­ta da una viola, suonano solo ottoni e percussion­i metalliche, a ricreare un’atmosfera di guerra antica. Il dramma si svolge su un campo di battaglia. Gli orchestral­i sono tutti uomini, maestri della Staatskape­lle: rappresent­ano i guerrieri e la voce del mago Ismenor. A tratti devono recitare dentro gli strumenti, come dei megafoni. Gli strumenti stessi sono la scenografi­a»...

Ho immaginato una Clorinda che analizza il suo dilemma di guerriera in una palude spirituale: intercetta un attuale conflitto culturale, tra Islam e cristianes­imo

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(Foto Thomas Jauk) Prove Amira Elmadfa, mezzosopra­no, nata in Germania da una famiglia palestines­e. Interpreta Clorinda nell’opera «Rivale» che debutterà a Berlino
 ??  ?? Musica La compositri­ce Lucia Ronchetti, romana, classe 1963. «Ho lasciato l’Italia per disperazio­ne, nel 1987. Prima mi lamentavo tanto. Adesso penso che sia anche giusto così»
Musica La compositri­ce Lucia Ronchetti, romana, classe 1963. «Ho lasciato l’Italia per disperazio­ne, nel 1987. Prima mi lamentavo tanto. Adesso penso che sia anche giusto così»

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