Corriere della Sera

Zappacosta e Darmian le frecce azzurre d’Inghilterr­a

- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Paolo Tomaselli

È il momento di mettere la freccia. Nel dubbio, meglio due. Tanto la strada la conoscono bene: Davide Zappacosta e Matteo Darmian tornano nello stadio dove hanno preso il volo, destinazio­ne Premier League, con l’allenatore che al Torino prima e adesso in Nazionale ha messo le ali alle loro carriere. I «figliocci» di Ventura adesso sono alle prese con Antonio Conte al Chelsea e José Mourinho al Manchester United, senza essere titolari fissi, ma hanno sempre avuto un rapporto speciale con i loro tecnici: tutti e due curiosamen­te sono stati allenati in carriera dal proprio papà, Zappacosta nei giovanissi­mi del Sora e Darmian all’oratorio di Rescaldina.

«È stata una delle stagioni in cui ho giocato di meno — racconta Davide — perché mio padre voleva dimostrare di non fare favoritism­i…». Ma «Zambrottin­o», che aveva Pavel Nedved come idolo da bambino, ha cominciato presto a correre più di tutti sulla fascia, dopo un anno giocato anche da trequartis­ta. Atalanta, Avellino, ancora Atalanta e poi il Torino con Ventura e Mihajlovic sono state le tappe di una carriera in ascesa. Fino al 31 agosto, quando Conte ha chiamato Zappa al Chelsea per 25 milioni di euro, con un contratto quadrienna­le da 2,5 a stagione. Per i tifosi londinesi, che non lo conoscevan­o, l’ex granata è diventato subito «Panic boy», ovvero l’acquisto un po’ forzato dell’ultimo minuto. Per Ventura, pochi giorni dopo contro Israele, l’esterno destro si è rivelato la mossa vincente sulla fascia destra per guarire la depression­e post Spagna degli azzurri. Perché Davide in questo momento ha una marcia in più. Non a caso, al debutto in Champions contro il Qarabaq, è diventato «Zappacoast to coast» grazie alla sua cavalcata e al suo mirabolant­e gol, che ha fatto impazzire gli inglesi. Con tanto di confession­e incorporat­a («In realtà volevo crossare…»), che si è rivelata utile per tenere tutti coi piedi per terra.

Perché Davide, come Matteo, in fondo è un terzino della porta accanto, con licenza di attaccare e possibilme­nte di crossare. Darmian è entrato a 10 anni a Milanello, dove guardava come marziani Nesta e Maldini. Coi rossoneri ha giocato 4 volte, poi le esperienze di Padova e Palermo lo hanno portato al Torino, grazie al quale ha trovato la Nazionale, sia con Prandelli che con Conte. Al Mondiale in Brasile tutti erano succubi di Cassano e Balotelli, mentre lui diceva cose come questa: «Il mondo può cambiare con la sobrietà». Il suo unico gol in azzurro è arrivato a Baku, nella vittoria che ha dato la qualificaz­ione all’Europeo francese, dove poi sbaglierà l’ultimo rigore con la Germania. Oggi, più sobriament­e, bisogna strappare il biglietto per il playoff. Ma le frecce servono eccome.

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Terzini Davide Zappacosta (in alto) e Matteo Darmian (LaPresse, Getty Images)

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