«Noi, oltre lo scandalo»
Austria verso il voto. Il leader socialdemocratico Kern parla della sfida a Kurz
Auna settimana dal voto il leader socialdemocratico Christian Kern parla dei possibili scenari. E sulla campagna denigratoria via Facebook contro l’avversario dice: «Immorale e stupida, è stata opera di un consulente non autorizzato».
Signor cancelliere, un suo consigliere, stipendiato dal suo partito, la Spö, si è dovuto dimettere per aver lanciato una campagna denigratoria via Facebook contro il suo principale avversario, il leader dei popolari e ministro degli Esteri, Sebastian Kurz. Cos’ha da dire in proposito?
«Un consulente della campagna, senza alcuna autorizzazione da parte nostra, ha condotto azioni non solo immorali ma anche incredibilmente stupide. Stiamo verificando cosa è successo e com’è stato possibile. Non dobbiamo però dimenticare ciò che è veramente in gioco in queste elezioni, che saranno decisive per la direzione del Paese: come vogliamo governare l’Austria nei prossimi anni, assicurare il nostro benessere e far sì che tutti i cittadini ne siano parte».
A una settimana dalle elezioni, il cancelliere socialdemocratico Christian Kern è in grave difficoltà. Lo scandalo che ha coinvolto Tal Silberstein, stratega della campagna elettorale, sta pesando come piombo sulle speranze di recupero della Spö, in grave ritardo nei sondaggi e soprattutto costretta a giocare in difesa. Ma nell’intervista concessa a bordo dell’autobus col quale gira per il Paese, il cancelliere si dice «ottimista» sull’esito finale della partita.
In Germania le elezioni hanno decretato la fine della «Grosse Koalition». È un segnale anche per l’Austria, dove l’alleanza tra socialdemocratici e popolari è la regola e non l’eccezione come a Berlino?
«No. Le due situazioni non sono comparabili, i due partiti sono posizionati diversamente. Non escludo nulla per l’Austria».
Lei e il suo partito però nei sondaggi siete indietro. C’è una stanchezza diffusa verso la Grande coalizione?
«È così. Ma io sono convinto che sia noi che la Övp (i popolari, ndr) otterremo più voti. C’è la possibilità che dalle urne uscirà una maggioranza neroblu, cioè tra popolari e la Fpö di Heinz-Christian Strache. E a questo punta in effetti la Övp, che ha già detto di non voler più la Grosse Koalition. Ciò rende più probabile l’arrivo al governo dei liberal-nazionalisti. Ma nelle discussioni che abbiamo avuto sul lavoro futuro del governo, io ho detto chiaramente a Sebastian Kurz: se voi fate cadere questo governo, dovete rendervi conto che aprirete la strada ai populisti».
Lei esclude ogni collaborazione della Spö con i liberalnazionalisti?
«La ritengo improbabile, poiché sul piano dei contenuti siamo lontanissimi. In passato l’abbiamo esclusa a priori. La mia linea è un’altra. Oggi dobbiamo analizzare ogni singola questione e problema e vedere chi offre quale soluzione».
Qual è la differenza vera tra lei e Sebastian Kurz?
«La differenza è che lui vuole fare il cancelliere, mentre io voglio governare l’Austria».
Il successo di AfD in Germania solleva nuovamente inquietudine in tutta Europa, perché segna una ripresa dei movimenti populisti. Lei vede analogie tra AfD e la Fpö di Strache?
«Somiglianze ci sono, i due partiti crescono dallo stesso grembo. Ma su molti punti AfD è molto più radicale di Fpö. Nessun dirigente liberal-nazionalista si direbbe orgoglioso delle imprese dei soldati in due guerre mondiali, come ha dichiarato uno dei capi di AfD».
In Germania, si prospetta un’inedita coalizione tra CduCsu, liberali e Verdi, la cosiddetta Giamaica. Teme cambiamenti nella politica europea di Berlino?
«No. Credo che Angela Merkel sia garante della continuità. Il mio obiettivo è che la cooperazione europea sulla politica economica sia rafforzata, abbiamo bisogno non solo di obiettivi sul deficit, sull’inflazione e sul debito, ma anche su fisco, occupazione e investimenti».
Cosa pensa delle proposte di Emmanuel Macron per rilanciare il processo di integrazione, in particolare di un bilancio comune e un ministro delle Finanze per l’Eurozona?
«A me oggi pare prematuro parlare di bilancio per l’Eurozona e ministro delle Finanze, anche se è un’idea interessante. Non abbiamo tanto bisogno necessariamente di entrambi, quanto di più cooperazione, regole migliori sugli investimenti, perequazione fiscale sulle imprese, le cui tasse vanno abbassate. Macron ha ragione sul dumping sociale, a parità di lavoro occorre parità di salario. Solo quando avremo risolto questi problemi, potremo pensare al prossimo passo».
Sui migranti ci sono state polemiche con l’Italia nei mesi scorsi. Tutto chiarito?
«Ho un grande rispetto per quanto ha fatto e fa l’Italia. La cooperazione al Brennero è eccellente. L’Italia agisce con grande senso di responsabilità e lo apprezzo molto. Parlo spesso con Paolo Gentiloni, col
quale siamo in piena sintonia. In secondo luogo dobbiamo fare passi in avanti in Nord Africa, la cooperazione con la guardia costiera libica realizzata dal vostro governo è un ottimo risultato. Ma è solo un passaggio intermedio. La responsabilità dell’Europa non finisce ai suoi confini esterni. Quando lasciamo o rimandiamo lì le persone, dobbiamo preoccuparci che siano tenute in condizioni umanamente dignitose. E su questo c’è ancora tanto lavoro da fare».
La socialdemocrazia europea appare ovunque in crisi, come dimostra anche il risultato della Spd in Germania. Perché?
«La socialdemocrazia deve cercare nuovamente una chiara identità. Noi in Austria ci proviamo. Guardi a cosa succede nella digitalizzazione, dove ci sono enormi guadagni ma anche molti perdenti: nelle banche, nella distribuzione, nelle fabbriche, nelle assicurazioni. Il nostro compito è stato sempre quello di dare benessere a tutti. E sono convinto che anche questa volta saranno necessarie risposte socialdemocratiche. Sono un grande fan di Mariana Mazzucato: lo Stato contro il privato è uno schema del passato. La Silicon Valley non esisterebbe senza sostegno statale e visione politica. La socialdemocrazia ha avuto successo quando è stata all’avanguardia della società non quando ha cercato di bloccare le trasformazioni».