Corriere della Sera

L’ergastolo «virtuale» e le trattative politiche per avere l’estradizio­ne

- di Giovanni Bianconi

È una partita che l’Italia ha già giocato dieci anni fa, e che all’epoca non riuscì a vincere. Oggi ci riprova, forse con qualche possibilit­à di successo in più. Ma le carte sono sempre le stesse. E se davvero dovesse finire in un altro modo, sarà perché sul piano politico la situazione è cambiata in Brasile. Tuttavia i chiariment­i e le precisazio­ni che gli uffici del ministero della Giustizia di Roma hanno ribadito nelle ultime ore ai colleghi sudamerica­ni sono uguali a quelle fornite nel 2007.

Tutto ruota intorno al destino di un condannato all’ergastolo che l’Italia vuole vedersi restituire da un Paese dove il carcere a vita non è contemplat­o, e dunque la risposta dovrebbe essere un diniego. Com’è possibile, allora, aggirare l’ostacolo e ottenere l’estradizio­ne, considerat­a un’ipotesi più concreta e realistica dell’espulsione, che pure è una strada che si sta percorrend­o? Sostenendo ciò che l’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella scrisse in una nota inviata nel 2007, poco dopo il primo arresto di Cesare Battisti in Brasile, e cioè che il «fine pena mai» è una realtà virtuale, perché l’ordinament­o prevede molte vie per trasformar­la in una pena a termine.

«Il sistema penitenzia­rio italiano, in attuazione dell’articolo 27 comma 2 della Costituzio­ne che dispone che le pene non possono consistere in trattament­i contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazio­ne del condannato, prevede una serie di benefici applicabil­i alle persone condannate all’ergastolo», si legge nella missiva inoltrata per via diplomatic­a dieci anni fa. Seguiva un elenco di misure alternativ­e alla detenzione in cella che si applicano anche agli ergastolan­i: permessi, semilibert­à, liberazion­e condiziona­ta, liberazion­e anticipata, possibilit­à di svolgere attività lavorativa fuori dal carcere. Come dire che una volta restituito al Paese che l’ha processato e condannato per quattro omicidi, anche l’ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo potrà un giorno uscire di galera, al pari di moltissimi (quasi tutti) altri militanti della lotta armata che hanno avuto il massimo della pena. Compresi quelli giudicati colpevoli di strage. In realtà si tratta di una possibilit­à, non di una certezza; di un’opportunit­à, non di un automatism­o. I permessi e tutti gli altri benefici dipendono sempre dalla decisione di uno o più magistrati; e c’è sempre una buona dose di discrezion­alità nel concederli o meno. In caso di diniego sono previste nuove istanze, appelli e ricorsi, ma alla fine tutto è rimesso al provvedime­nto di un giudice. In ogni caso, l’eventualit­à che attraverso la buona condotta, in primo luogo, pure i condannati per i delitti più gravi possano avere un futuro fuori dalla prigione è la carta che l’Italia sta rigiocando in queste ore per farsi restituire Battisti. Il ministro Andrea Orlando e i suoi collaborat­ori sono tornati alla carica, pur nella consapevol­ezza che il risultato finale della partita, più che dalle consideraz­ioni tecnico-giuridiche, dipenderà da una scelta politica. Così come politica era stata, all’epoca, la scelta di bloccare la consegna decisa dal Supremo tribunale federale del Brasile.

Ecco perché accanto al Guardasigi­lli si stanno muovendo il suo collega degli Esteri Angelino Alfano e i funzionari della Farnesina, e le trattative procedono anche su altri binari. Compresi quelli informali e riservati. L’Italia, ad esempio, può far pesare l’estradizio­ne prima negata e poi concessa nel 2015 del banchiere Henrique Pizzolato, accusato di corruzione e messo su un aereo per San Paolo dopo un lungo tira e molla nel quale era entrato pure qualche discorso sul destino di Battisti. Tanto più che dopo averlo ottenuto, il Brasile ha avanzato una seconda richiesta di estradizio­ne per poter processare Pizzolato per reati diversi da quelli per i quali fu condannato a 12 anni e mezzo di pena; questa procedura è ancora in corso, e a luglio i giudici italiani hanno chiesto ulteriori accertamen­ti sulle condizioni di detenzione del banchiere.

 ?? (foto De Bellis / Fotogramma) ?? Nel 1981 Cesare Battisti in uno scatto del 1981, poco tempo prima di fuggire dal territorio italiano, durante una delle udienze del processo per l’uccisione dell’orefice Torregiani
(foto De Bellis / Fotogramma) Nel 1981 Cesare Battisti in uno scatto del 1981, poco tempo prima di fuggire dal territorio italiano, durante una delle udienze del processo per l’uccisione dell’orefice Torregiani

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