L’imputato De Luca: via l’abuso d’ufficio I professori applaudono
La «lezione» del governatore all’università di Salerno
Parte da Salerno, da un convegno di studi, l’ultima offensiva contro il reato di abuso di ufficio. E ce n’è per tutti: per parlamentari, magistrati, giustizialisti in senso lato, e per l’Anac, l’Autorità anticorruzione di Cantone, in senso stretto. All’università, in un’aula Cilento affollata di autorità e studenti intimiditi, se ne discute col dichiarato intento di chiedere, se non l’abrogazione, almeno la riscrittura della norma. E mai Accademia e Politica sono state così vicine. Un comune sentire che, nel far scattare tutti gli allarmi possibili, già esalta il partito della firma, quello degli amministratori e dei loro apparati. Si fa sul serio, ed è chiaro a partire dai saluti istituzionali e dalla relazione introduttiva. Ai primi provvede Vincenzo De Luca, che da tempo parla della norma in questione («oggi il reato è praticamente inevitabile») con animosità. Alla seconda pensa invece il professore Sergio Perongini, direttore del dipartimento di Scienze giuridiche. Sono sufficienti le sue ultime battute per cogliere il senso dell’intera operazione: «Per abrogare la norma ci vorrebbe un legislatore dotato di autorevolezza morale. Ma in un Paese dove il giustizialismo è presentato come la panacea di tutti i mali, dove domina il panpenalismo e il pan Anac-ismo (ecco Cantone!, ndr) l’abrogazione sembra un’ipotesi in salita». Forza con la riscrittura della norma, dunque.
È qui che De Luca — tra gli applausi — fa sentire tutto il suo peso: come esperto, in quanto più volte sindaco di Salerno e poi governatore; come
teorico di un diritto sostanziale e utilitaristico, da cui dissente in modo esplicito solo il viceprocuratore antimafia Francesco Curcio; e come plurimputato, una volta per un inceneritore mai realizzato (condanna in primo grado, assoluzione in appello) e tuttora per il Crescent, la grande muraglia per case e servizi progettata da Ricardo Bofill che incombe sul lungomare. «Il fine ultimo — dice De Luca — dovrebbe essere l’espulsione dalla pubblica amministrazione di ladri, corrotti e corruttori. La legge in vigore, invece, raggiunge l’obiettivo opposto: crea una condizione di paura e di incertezza per i funzionari pubblici che devono decidere e assumersi responsabilità». E poi, allargando il discorso alla legge Severino: «Noi abbiamo una norma secondo cui, con una condanna in primo grado per abuso in atto d’ufficio, un funzionario pubblico è sospeso per un anno e mezzo, trasferito con uno stipendio dimezzato, e demansionato. In queste condizioni, chi mai più firmerà atti nei quali esercita un potere discrezionale?».