La fuga siciliana dal candidato pd
Alla vigilia delle elezioni 14 deputati regionali hanno lasciato le liste del centrosinistra In 12 vanno con Musumeci
Troppe defezioni e troppi buchi in lista. Così, a sostegno del candidato governatore del Pd, Fabrizio Micari, alla fine è dovuto accorrere Rosario Crocetta. Ieri l’intesa tra il governatore siciliano uscente e il partito di Matteo Renzi: i candidati del «Megafono», così si chiama il movimento di Crocetta, non faranno più una lista a sé, ma confluiranno in quella «Micari presidente», assieme a quelli di «Next» e di «Sinistra siciliana». Giacché i candidati di Leoluca Orlando e della sua Lista Arcipelago, non erano sufficienti a formare rose complete in ogni provincia.
Complice la grande fuga. Se ne sono visti molti di candidati cambiare casacca fino all’ultimo istante. E, via via che cresceva nei sondaggi la popolarità di Nello Musumeci — il candidato
Renzi sottolinea: non ci sono relazioni tra il voto nell’isola e la leadership del partito
del centrodestra che oggi sarà presentato a Catania dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni — 14 deputati regionali uscenti dalle liste a sostegno del candidato del Pd hanno virato verso liste alternative (12 verso Musumeci).
Giancarlo Vullo ha preso l’ultimo treno. E alla vigilia della chiusura delle liste è passato dal Pd agli autonomisti di Lombardo. «Ha stupito anche me», ammette Totò Lentini, con autoironia. Già perché lui, dal sostegno a Rosario Crocetta, nella scorsa consiliatura, ha traghettato i suoi elettori verso le acque meno agitate di Forza Italia in appoggio a Nello Musumeci. «Nello è un collega e un amico — si giustifica Lentini —. Siamo stati per 5 anni insieme in commissione antimafia e posso dire che è una persona per benissimo». Ma ai suoi elettori non verranno le vertigini per un simile salto dal centrosinistra al centrodestra? Ride. «Guardi la Sicilia è una terra particolare. E poi io non vengo dal Pd, sono un centrista. Moderato».
«Vanno tutti a soccorrere il vincitore», ironizza Pino Apprendi. Anche lui, ex Pci, Pds, Ds è andato via «deluso» dal Pd. Ma, precisa, «non per cambiare casacca in cambio di vantaggi elettorali. Ma per abbracciare un progetto, quello di Claudio Fava, che non offre poltrone sicure. Anzi. Però si batte per una sinistra trasparente». Perché, il Pd non lo è? «Da candidato sindaco pd a Piana degli Albanesi, mi sono ritrovato tra i candidati della lista Schifani (FI) una collega di partito. E quando ho chiesto in aula l’incandidabilità per chi aveva subito una condanna definitiva dalla Corte dei Conti sono stato lasciato solo».
Anche Mariella Maggio dal Pd è uscita per seguire il progetto di Fava. Con lei salgono a quattordici le defezioni dalle liste a sostegno del rettore di Palermo, Micari. Oggi arriverà da Roma Maria Elena Boschi per presentare, sempre a Catania, la sua lista. Ma c’è grande imbarazzo per il via vai che ha coinvolto anche Giambattista Coltraro e Pippo Sorbello, deputati regionali uscenti e provenienti da Sicilia democratica e Centristi per la Sicilia, ora con l’ex An Musumeci. Ma anche Orazio Ragusa, l’ex capogruppo Udc Girolamo Turano, i deputati Gaetano Cani e Margherita La Rocca. E la galassia di Angelino Alfano: hanno lasciato Alternativa popolare Pietro Alongi, Giovanni Lo Sciuto, Nino Germanà e Giuseppe Di Maggio.
Giravolte che, c’è da dire hanno colpito anche nel centrodestra. Forza Italia dovuto tamponare alcune falle ad Agrigento. A guidare la lista sarà il deputato Riccardo Gallo, inizialmente in corsa per un posto nel listino. Mentre l’ex europarlamentare Salvatore Iacolino migra nell’Udc.
Ma,se non sembra preoccupare troppo la candidatura di Giancarlo Cancellieri, il Cinque Stelle sostenuto nel lungo tour elettorale direttamente dal futuro candidato premier Luigi Di Maio, a sinistra si guarda a Musumeci con timore. C’è chi ieri l’ha letto anche tra le righe delle parole di Matteo Renzi in apertura della direzione nazionale: «Riconosco ad Andrea Orlando il fatto di aver detto, onestamente, che non ci sono relazioni tra le elezioni siciliane e le nazionali e la leadership del partito, poi vedremo se la destra unita vincerà».