Il grande esodo di banche e aziende Fitch e Moody’s lanciano l’allarme
Via Caixabank e Sabadell. Anche Abertis e i tedeschi potrebbero lasciare Barcellona
Le ultime due a prendere il largo da Barcellona ieri sera, in vista della dichiarazione d’indipendenza catalana, sono state Caixabank e Gas natural Fenosa. La prima banca catalana (terza in Spagna) e l’azienda che fornisce energia e servizi hanno spostato la loro sede: la prima a Valencia e la seconda a Madrid. Una fuga che avvalora l’allarme del Fondo Monetario Internazionale su possibili rischi di destabilizzazione per l’economia mondiale e quello delle agenzie Fitch e Moody’s che, paventando possibili crisi di liquidità della Generalitat, ipotizzano tagli al rating.
E se le aziende scappano accusando «l’incertezza giuridica creatasi dopo il referendum», un decreto emanato ieri dal governo spagnolo fa «ponti d’oro», semplificando la procedura per quelle che intendono trasferirsi. C’è chi lo ha già fatto: Banco Sabadell (credito), Eurona Wireless Telecom (telecomunicazioni), Dogi International Fabrics (tessile), Oryzon Genomics (biofarmaceutica), Cavas Freixenet (spumanti), Banco Mediolanum (controllata spagnola di Banca Mediolanum). E c’è chi, si dice, potrebbe farlo: il settimanale Der Spiegel parla dei dubbi delle imprese tedesche, Seat, Bayer, Siemens e Basf.
Ieri i rumors davano in partenza da Barcellona anche Abertis, il colosso delle infrastrutture e dei trasporti che, come Gas natural Fenosa, è partecipato da Caixabank. La notizia non è stata confermata nè smentita. Né l’indeterminatezza del momento, che ha influito negativamente sulle borse europee, ha depresso il titolo di Atlantia (-0,04%), in attesa da quattro mesi di ricevere da Cnmv, la Consob spagnola, il via libera al lancio dell’offerta pubblica d’acquisto e scambio su Abertis.
Sia Gas natural Fenosa che Abertis hanno cercato di spiegare agli investitori che, differentemente dalle banche, le loro imprese operano in un mercato regolamentato e i loro asset, la rete del gas, le centrali, l’autostrada principale (AP-7), non sono spostabili ma restano proprietà del governo centrale e possono essere gestiti in una Catalogna indipendente come si seguono le aziende ubicate all’estero. Un’affermazione realistica nel breve periodo. Perché prima di tutto, la Catalogna indipendente resterebbe fuori dall’euro, con tutte le complessità di gestione già emerse in Gran Bretagna con la Brexit. E poi c’è la remota possibilità che gli asset strategici come le reti vengano nazionalizzati.
Intanto l’azienda del gas ha cambiato sede. Quanto a Abertis e all’offerta di Atlantia, da parte italiana non sembrano emergere preoccupazioni circa i fatti di Catalogna: il 70% dei ricavi del gruppo arriva ormai dall’estero, il 26% da tutta la Spagna. Il disco verde della Cnmv potrebbe arrivare, secondo Bloomberg, lunedì. Semmai il problema è un altro ed è di natura squisitamente politica. A sbarrare la strada degli italiani, c’è il gruppo spagnolo delle costruzioni Acs, guidato da Florentino Perez, uno tra gli uomini più ricchi di Spagna, noto come patròn del Real Madrid. La sua preannunciata controfferta, attraverso la controllata tedesca Hochtief, come minimo costringerebbe Atlantia a aumentare la propria (16,5 euro per azione). Il ritardo con cui la Cnmv sta rispondendo a Atlantia ha consentito a Acs d’istruire la pratica e ha fatto sorgere il sospetto che dietro Perez si celi una mossa nazionalistica del governo spagnolo (che sulla privata Abertis non ha alcuna golden power). Un po’ come il colpo di coda del presidente francese Emmanuel Macron sull’affare Stx-Fincantieri. Certo, l’ipotesi è stata smentita pochi giorni fa dal ministro dell’Industria, Luis de Guindos, nel forum italo-spagnolo tenutosi a Roma. Ma la frana indipendentista catalana potrebbe comunque suggerire al presidente Mariano Rajoy di manovrare con prudenza su un asset nazionale così rilevante.
Il governo Rajoy rende più facili e veloci le procedure per spostare le sedi societarie