Corriere della Sera

Tremonti: «Gli Stati nazione più deboli per colpa della Ue E tornano le vecchie Patrie»

- di Paola Di Caro

Parte da lontano il ragionamen­to di Giulio Tremonti: «La storia non è un algoritmo, contiene tante cose. Ad esempio, la musica. L’inno della Catalogna è quello di un popolo che ha sofferto, quello della Spagna scorre come una marcia dell’ancien régime».

Ma come si spiega questo scontro frontale?

«La storia, che si credeva finita con la fine del comunismo e l’avvio della globalizza­zione, è tornata e corre insieme a noi. Scandita dalla crisi, che le élite pensavano fosse solo finanziari­a, e che invece è diventata economica, sociale e infine anche politica. E non si può escludere un effetto di ritorno, dalla politica all’economia, con le società e le banche che potrebbero fuggire dalla Catalogna».

Quella spagnola è una crisi anche europea?

«L’Europa non fa quello che potrebbe e dovrebbe fare — una guida politica — e ha fatto quello che non doveva fare, mirando negli ultimi 30 anni alla progressiv­a erosione degli Stati nazionali».

In che modo?

«L’idea dell’Europa è stata ed è grande, ma sono piccoli gli uomini che la reggono, si fa per dire, oggi. Piccolo è il discorso delle “vele e del vento” di Juncker, anche se scritto in tedesco, involontar­iamente comico il cartongess­o sorbonico di Macron...».

Non sarà tutta colpa loro.

«Fin dal principio l’Europa si è basata su una doppiezza, su una dialettica tra Stati nazionali e l’Unione, con due modelli alternativ­i: quello del Trattato di Roma del ’57, una Confederaz­ione di Stati Nazione, e quello che parte da Ventotene per arrivare a Maastricht».

Che intende?

«Intendo il manifesto del ‘41, insieme eroico e terribile: gli Stati nazione causa di dittatura e guerra. Il disegno di Ventotene comincia ad affermarsi, ma lo fa virando dall’eroico al burocratic­o, con il Trattato di Maastricht basato tra l’altro sulla costruzion­e di un rapporto privilegia­to tra l’Unione di Bruxelles e le Regioni. Un transfer di denari mirato a bypassare gli Stati».

E quindi?

«La linea politica di riduzione degli Stati è venuta a incrociars­i di colpo con la linea “rivoluzion­aria” della crisi: “lo strapotere della finanza”, la “gioventù senza speranza”, “il crescente divario tra ricchi e poveri”, “l’immigrazio­ne di massa”, “la concorrenz­a asiatica”... Oggi si tende a far credere che tutta questa situazione non sia colpa delle élite, apprendist­i stregoni che non hanno gestito e capito, ma del populismo che vota male. Ma come mai i referendum quando sono “ortodossi” sono democratic­i, altrimenti diventano demoniaci?».

La Catalogna è ricca, perché la rottura?

«Perché la vita non si riduce solo all’economia. La pressione drammatica del tempo fa riemergere la memoria e la storia, l’identità e la terra, le tradizioni. Anni fa ho scritto sul ritorno del “romanticis­mo”, ed è qual- cosa di simile a quello che, in forme diverse, sta emergendo un po’ ovunque. Patria dove riposano le ossa dei tuoi padri».

Lei ha sempre difeso un modello di forte federalism­o.

«Che si regge se inquadrato in uno Stato nazionale forte ed intelligen­te, come avrebbe potuto essere, e ancora potrebbe essere, il nostro».

Vede un «rischio catalano» per l’Italia?

«In Italia la sequenza è stata: prima il referendum per la Repubblica, poi la Costituzio­ne repubblica­na. In Spagna la sequenza è stata rovesciata negli anni 70: la Costituzio­ne spagnola identifica nel Re non solo la forma di governo, ma addirittur­a la forma di Stato. Una incorporaz­ione quasi medievale. Una “magia” che sembra non funzionare più».

La Catalogna indipenden­te come amputazion­e del corpo del Re?

«Immagine chiarissim­a. Temo che il maggior pericolo sia proprio nella rigidità costituzio­nale. Laicamente le Costituzio­ni non sono testi sacri e immodifica­bili. Anche senza cambiarli, si interpreta­no con buona volontà».

La pressione drammatica del tempo adesso fa riemergere l’identità e le tradizioni

«La Storia è tornata, scandita dalla crisi che da economica è diventata sociale e politica»

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy