Ucciso e buttato in un tombino dal figlio 15enne della compagna
Catania, vittima un pensionato di 71 anni. Fermato un complice minorenne
L’ha ucciso con un solo colpo di fucile alla nuca sparato a bruciapelo con la stessa arma che la vittima teneva in casa, un vecchio Benelli calibro 12. Un delitto consumato tra le mura domestiche in una villetta di Pedara, alle pendici dell’Etna. Nelle intenzioni dell’assassino tutto doveva restare tra quelle mura e il tombino della fossa biologica in giardino dove è stato occultato il cadavere, confidando che nessuno lo avrebbe cercato.
Anche perché uno dei pochi, se non l’unico, che poteva allarmarsi per l’assenza di un pensionato di 71 anni era proprio l’assassino. Un minorenne di appena quindici anni, il figliastro che divideva la villetta con Domenico Citelli, ex dirigente della Regione Siciliana.
Ieri, a poche ore dal rinvenimento del cadavere, il giovane è stato fermato con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere. Il movente: le continue liti con l’anziano genitore. «Non ce la facevo più» ha detto il giovane messo alle strette dai carabinieri. Con lui è stato fermato un altro minore, un amico di 16 anni, che avrebbe assistito al delitto e avrebbe aiutato a nascondere il cadavere. Una sequenza raccapricciante. Dopo l’omicidio i due giovani avrebbero maldestramente pulito casa, poi hanno avvolto il cadavere con un copridivano legandolo con una corda. Quindi lo hanno buttato nel tombino della fossa biologica. Per cercare di farlo stare giù hanno usato anche un masso.
Il delitto sarebbe avvenuto alcuni giorni prima del ritrovamento del cadavere. E in tutto questo tempo il giovane avrebbe cercato di far finta di nulla. L’altro ieri la svolta. I vicini hanno chiamato i carabinieri allarmati perché nella villetta non vedevano più nessuno mentre i cani, inquieti e affamati, continuavano ad abbaiare. Arrivati sul posto i militari hanno capito subito di trovarsi sulla scena di un delitto. All’interno della villa c’erano tracce di sangue e materia cerebrale ovunque. Alle 2 di notte il ritrovamento del cadavere. Secondo il medico legale la morte risalirebbe a giorni prima. Trovato il corpo, per gli inquirenti è stato relativamente facile imboccare la pista giusta. In un primo momento le indagini sono state coordinate dal procuratore Carmelo Zuccaro e dal sostituto Antonio Fanara, uno dei pm più ferrati nelle inchieste di mafia. Ma si è subito capito che questa volta la mafia non c’entrava affatto: sia per la carta d’identità della vittima, sia per le modalità del delitto. Tutto invece portava all’interno del nucleo familiare, arrivando rapidamente al figlio. A quel punto il caso è passato alla Procura per i minori.
I due fermati ieri pomeriggio sono stati a lungo interrogati e avrebbero fatto parziali ammissioni. Non si tratta di un delitto d’impeto. L’accusa è infatti di omicidio premeditato e occultamento di cadavere. Il giovane fermato è figlio di una donna romena che per un periodo è stata la compagna del pensionato. Da alcuni anni però lei era andata via e l’uomo e il figliastro si erano ritrovati a condividere lo stesso tetto: un appartamento a Catania e la villetta di Pedara. Una convivenza per niente facile. Il pensionato contestava al figliastro il fatto che non facesse nulla. Non studiava, non lavorava e intanto chiedeva sempre soldi. Da qui le continue liti che sarebbero state l’anticamera del delitto. Testimoni hanno raccontato che a volte li sentivano urlare. Gli inquirenti non escludono che l’omicidio possa essere stato anche pianificato per tempo dai due amici minorenni.
Ammissioni Movente del delitto le liti col patrigno: «Non ce la facevo più» ha detto il giovane