Corriere della Sera

La vicenda

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Francesca — ti chiameremo con un nome di fantasia per ovvie ragioni processual­i e di protezione della tua identità — come hai trovato la forza per denunciare l’istruttore di karate che ha abusato di te e di altre ragazze?

«È stato un percorso difficile e doloroso, iniziato a gennaio. Soltanto a dicembre dell’anno scorso ho smesso di frequentar­e quella palestra dell’orrore e ho trovato il coraggio di parlare e di denunciare: prima confidando­mi con il mio fidanzato, poi con la mia famiglia, quindi con una psicologa e con la onlus Prometeo per la lotta alla pedofilia, infine raccontand­o tutto alla magistratu­ra».

Qual è stata la molla?

«L’ho visto appartarsi con una ragazzina, anche lei minorenne. E allora mi sono detta: non deve fare ad altre ciò che ha fatto a me: quell’uomo mi ha rovinata. Va fermato. L’ultima sua vittima aveva 15 anni, ci assomiglia­vamo sia fisicament­e che psicologic­amente. Ho iniziato a dirmi: cosa sta succedendo? Ho cominciato a rendermi conto, a ricordare. Il cammino è stato difficile, ero titubante. Poi tutte queste persone mi hanno convita ad andare dai magistrati».

L’argomento decisivo?

«Una frase molto semplice, la stessa che ripeterò a ogni ragazza tezza».

Come hai capito che altre ragazzine erano cadute nella sua trappola?

«Mi ha raccontato lui di un’altra ragazzina della palestra. Poi ha detto: mi sono innamorato di lei, ha quindici anni».

La sua era una specie di tecnica per irretirvi?

«Persone così ti fanno sentire speciale, sostituisc­ono i genitori, ti allontanan­o da loro e dagli amici, giocano sui sensi di colpa. Se uscivo con gli amici, me lo faceva pesare».

Una delle ragazze abusate dopo di te ancora lo difende. L’ultima in ordine di tempo, abbordata l’anno scorso quando ancora non aveva compiuto sedici anni, non parla quasi più con sua ma-

L’istruttore di karate di Lonato (Brescia) arrestato con l’accusa di violenze verso giovani allieve

dre: «Mi avete tolto l’uomo della mia vita».

«Anche a me diceva che ero la prima e l’unica, mi faceva sentire importante ma intanto mi isolava da famiglia e amici. Una manipolazi­one terribile, sottile ma efficace».

Che rapporti avevi con i tuoi genitori, in quegli anni di abusi?

«Mi vedevano strana, ma non avevano modo di capire. Più mi chiedevano che cosa avessi e più diventavo cattiva con loro. Tornavo a casa dopo gli abusi e piangevo. Ma non mi aprivo. A peggiorare le cose c’era il fatto che lui aveva creato un rapporto di fiducia con la mia famiglia. Uno schema che penso abbia ripetuto anche con altre. Purtroppo non avevo la forza per parlare, ero come impietrita, prigionier­a di un incubo che non finiva mai».

Come convivi con il dolore?

«Ho le mie crisi, dei momenti di debolezza. Anche i miei genitori vivono un forte senso di colpa. Ma ci sono. E spero che insieme sapremo recuperare».

Il tuo istruttore è stato definito dagli inquirenti un uomo «dalla totale assenza di freni inibitori e incapace di contenere l’impulso sessuale». È emerso che ha coinvolto anche altri uomini. È stato così anche per te?

● Un istruttore di karate di Lonato del Garda, nel Bresciano, 43 anni, è stato arrestato con le accuse di prostituzi­one minorile, violenza sessuale di gruppo, atti sessuali con minorenni e detenzione di materiale pedopornog­rafico, condiviso anche in chat

● L’inchiesta coordinata dal sostituto procurator­e di Brescia, Ambrogio Cassiani, vede altri tre adulti indagati a piede libero La svolta «Pensa se succedesse a tua figlia»: questa frase mi ha convinta a denunciarl­o dopo 5 anni

Nonostante questa brutta esperienza sei ottimista?

«Dopo aver denunciato ho ricomincia­to a vivere. Sono sempre stata positiva. Non voglio essere quella che si piange addosso, non voglio far pesare la mia storia. Voglio invece aiutare altre ragazze come me, dopo il processo. Sarà il mio impegno».

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