L’empatia teatrale per migliorare gli affari
Un hotel di lusso e il problema del personale troppo «freddo» Il corso «giusto» e l’atmosfera si scalda. Caso isolato? Per niente
Body language Tra le «lezioni» c’è la comprensione del body language del cliente
Depressione Un terzo dei ragazzi americani soffre di depressione per mancanza di empatia Esperimenti In Italia sono cominciati nel 2008 gli esperimenti lavoroteatro
Cliente d’albergo e addetto al ricevimento in ascensore, prima del corso: «Le ricordo che la colazione è servita dalle 7 alle 10 e che abbiamo un ristorante 2 stelle Michelin, può chiamare il concierge per prenotarlo». Stessa situazione, dopo il corso:«Come sta oggi, è andato bene il suo viaggio? Se ha bisogno di rilassarsi le consiglio l’esperienza olistica della nostra Spa. E mi permetto di suggerirle di visitare la mostra di Caravaggio».
Luca Finardi, general manager dell’albergo Mandarin Oriental di Milano, ha osservato per un po’ le relazioni tra personale e ospiti e poi ha deciso che tutto quel «lush» andava arricchito con un’esperienza in più: l’empatia. «Il rubinetto d’oro o il marmo pregiato oggi non giustificano più un certo prezzo — spiega Finardi —. A fare la differenza sono le persone: il barman che ti prepara il cocktail o il direttore di sala possono offrirti un’esperienza. Ma per farlo devono entrare in un palcoscenico». Così camerieri, baristi, portieri e personale della spa sono tornati a scuola, da LiguriAttori, un centro dedicato alla formazione per attori professionisti e non, con un’area che insegna ad applicare le tecniche del teatro alla comunicazione in pubblico (www.liguriattori.it). «Coinvolgimento ed empatia» —questo il nome del corso — è stato diviso in due parti: la prima su come coinvolgere gli ospiti, come leggere il loro body language e adattare il comportamento per ascoltarli e farli sentire a casa; la seconda parte su come mettersi nei loro panni per offrire un’esperienza personalizzata. «Il lusso già da solo crea barriere: alla gente fa piacere essere chiamata per nome e spesso sceglie un ristorante o un hotel perché c’è quel cameriere che ”si ricorda di me”. Dopo il corso abbiamo scoperto che persino alcune delle persone che lavorano in hotel sapevano poco l’una dell’altra».
Il disinteresse verso la vita degli altri e l’aumento del narcisismo alzano le barriere: negli Usa quasi un terzo dei ragazzi soffre di depressione legata a mancanza di empatia. Fa da contraltare la Danimarca, il Paese con gli abitanti più felici al mondo, dove tutto è governato dall’«hygge», un sentimento, come osserva Meik Wiking nel libro omonimo, «che non si scrive, ma si prova. È l’arte di creare intimità». Nelle scuole danesi è stata inserita fra le materie proprio l’empatia: i ragazzi dai 6 ai 16 anni la studiano un’ora la settimana.
In Italia già nel 2008 si cominciavano a speri- mentare i primi corsi di teatro all’interno degli ambienti di lavoro. Il Gruppo Elica (di cappe aspiranti) attraverso la Fondazione Ermanno Casoli ha promosso il format arte&formazione: un artista lavorava in ufficio con i dipendenti, per scardinare i comportamenti cristallizzati. In Germania l’esperimento è partito persino prima dell’assunzione: migliaia di disoccupati sono stati spediti sotto i riflettori di un palco, osservati dagli uffici studi dei ministeri del Lavoro dei diciassette Länder federali. Obiettivo: farsi le ossa, per conoscersi e acquisire coscienza di sé. Risultato: il 65 % ha portato a casa un lavoro dopo appena dieci mesi.
«C’è una vera urgenza aziendale, ci arrivano moltissime richieste di migliorare le relazioni lavorative», osserva Elena Pattini, ricercatrice e psicologa allo Stress Control LAb di Parma, fondatrice di EmpaticaLab, con Giacomo Rizzolatti, Silvia Castrogiovanni, Alessandra Rancati e Giunti. Sullo sfondo ci sono contesti di lavoro invivibili: i dipendenti dicono di stare male con i colleghi, il dirigente lamenta che il «désengagement» genera cattive performance. Il teatro, in questo percorso di avvicinamento, ha una marcia in più. «Aumenta la consapevolezza emotiva e corporea, basti pensare che il palco è un ottimo strumento per i ragazzi autistici che hanno difficoltà a riconoscere le emozioni». Come spesso accade i social network non aiutano. «Anche per questo stanno prendendo piede corsi di empatia digitale, per insegnare come comunicare bene con un messaggio, dove non ci si tocca e non ci si guarda negli occhi: la faccina che ride ci sembra stupida, ma ha salvato tante relazioni».
Chi partecipa ai seminari impara tutto sui neuroni-specchio, che sono quelli che ci collegano gli altri. «Quando vediamo qualcuno che si fa male, siamo portati a dire “ahi” come se sentissimo quel dolore. Lo stesso funziona con la freddezza: chi la respira, si congela a sua volta». Tra gli insegnamenti ci sono la comunicazione non verbale, la modulazione dello sguardo e la gestualità. «A volte una mano sulla spalla è utile. Altre volte molto rischiosa». Al centro di tutto c’è l’ascolto. «Se siete al telefono con una persona che ripete di continuo “certo” mentre parlate, c’è solo una cosa certa: non vi sta ascoltando».