Dentro i loro luoghi segreti Gli stilisti aprono le porte
Armani, Prada, Versace ma non solo: un weekend per scoprirli
i potranno salire le raffinate scale liberty di Palazzo Donizetti, sede di Alberta Ferretti, aggirarsi nella zona sfilate della maison Prada, entrare a casa Armani di via Borgonuovo nei severi spazi minimal di Palazzo Orsini, aggirarsi nell’antro laboratorio di Antonio Marras. E ancora andare a Sumirago dai Missoni, riassaporare le atmosfere create da Gianni Versace in via Gesù, vedere anche dal di dentro Palazzo Trussardi alla Scala e i saloni di Lella Curiel in via Montenapoleone. Per un weekend a Milano si spalancheranno le porte degli atelier degli stilisti, finora rigidamente riservati a pochi. Li aprirà d’imperio e con la collaborazione degli stessi stilisti che si faranno solleciti padroni di casa ApritiModa (21/22 ottobre), nuova iniziativa pensata proprio per dare aria fresca al fortunato affaire del made in Italy, togliergli quell’aria di inaccessibilità per tramutarla in un alone di simpatia. «Quando ero la moglie del sindaco mi ritrovavo a entrare in posti meravigliosi — racconta Cinzia Sasso, che ha avuto l’idea di rendere inclusivo un mondo esclusivo, giornalista e first lady milanese fino al giugno 2016 in quanto consorte di Giuliano Pisapia —. Ricordo un bagno bianco con venature che sembravano oro… Perché non farli conoscere a tanti, a tutti possibilmente?».
Mission impossible data la notoria difficoltà a fare sistema dei riottosi protagonisti del made in Italy? Mica tanto, prima di tutto perché la nuova attrattività milanese ha reso anche loro più socievoli e pronti a manifestazioni comuni, lo si è visto alla Fashion Week di settembre. E poi perché in questo caso, in fondo, ognuno riceve a casa propria e può scegliere come farlo, secondo il suo stile. E difatti ognuno organizzerà piccoli eventi e sorprese.
«Basta muovere pochi passi nell’androne di uno qualsiasi di questi luoghi e sai subito dove sei», dice Maria Canella, docente di storia e comunicazione della moda all’Università degli Studi di Milano, anima di molte iniziative culturali cittadine e motore dell’iniziativa ApritiModa insieme a Cinzia Sasso, grazie alle sue esperienze pregresse in BookCity. «La scelta dell’edificio, i colori, i rivestimenti, gli interni, gli arredi, sono tutti in linea con lo spirito della maison. Il mitico scivolo Andrebbero visti tutti, per avere il senso di come in fondo la moda italiana sia un laboratorio comune, pur nelle differenze. Per avere un quadro completo del made in Italy».
Se si guarda alla dislocazione di questi luoghi sulla cartina milanese si vede come non siano concentrati solo nel cuore della città, ma formino tre distretti: oltre a quello centrale, la zona Bergamo-Sparta con Prada ed Etro, e quella dell’Ansaldo, con Zegna, Moncler, la Fondazione Ferré e i Laboratori della Scala, altro antro magico dove si possono ammirare dall’alto, con un sistema di passerelle, le scene i fondali e i costumi delle varie opere. Un messaggio a tutta la città, insomma, che riprende quel senso di apertura che ha animato altre iniziative, a cominciare dal Fuori salone, e che ha ridato slancio a Milano pur nella crisi, facendone The Place to Be come ha scritto di recente il New York Times. Puntando proprio sul dna della città, storicamente fatto di cultura e di accoglienza.
Un format, quello di ApritiModa, che è riuscito a creare un consenso (Sasso e Canella precisano che chi manca fra i nomi di prima linea non ha potuto partecipare per ragioni logistiche e che il prossimo anno si replicherà, coinvolgendo tutti) e un cartello comune con Comune, Camera della moda e Altagamma, ma che soprattutto punta al collegamento con le università e le scuole di moda e a una formazione che inizi da subito sul campo: e difatti ci saranno studenti volontari a fare da guida nei vari atelier.
Milano, di nuovo modello per il Paese dunque, propone un format ripetibile in altre città, come Firenze, Roma o Torino, ma anche in distretti calzaturieri o in realtà produttive omogenee come il Biellese, la Toscana, le Marche. «E magari, perché no?, Parigi. In fin dai conti — conclude Cinzia Sasso — agli americani fa già un certo effetto se gli dici che potrai entrare a casa Armani».