Corriere della Sera

La statistica

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Pensare che un’amica su 3 sia stata vittima di molestie è spaventoso, ancora di più pensare che l’autore sia fra le persone che frequento

Giovanni Pellegrini è nato a Venezia nel 1981. È regista e videomaker. Dopo la laurea in Lettere moderne e un anno di insegnamen­to di italiano in Australia, nel 2012 si è diplomato in regia del documentar­io al Centro Sperimenta­le di Cinematogr­afia di Palermo

● Prima di «Il peggio di me», ha realizzato i documentar­i «Bring the sun home» e «Ali di tela» (di cui ha curato anche la fotografia e il montaggio)

● Vive e lavora a Venezia dove recentemen­te ha realizzato il documentar­io «Aquagranda in crescendo» ei era la mia vita. È ancora con me, ogni attimo mi parla di lei. Un amore vero non finisce mai». «Sarai sempre mia. Mia o di nessun altro». «Vabbè, ma cose così le fanno solo dei mostri!». Il mio amico Claudio s’infervora mentre cerca di spiegarmi perché noi, bravi ragazzi italiani nati negli anni 80, certe cose non le potremmo fare mai. Abbiamo davanti un giornale e stiamo commentand­o l’ultimo caso di femminicid­io, accaduto a poche decine di chilometri da casa nostra. Claudio minimizza, dice che la cosa non ci riguarda. Mi piacerebbe dargli ragione, del resto fino a qualche settimana fa la pensavo come lui. O meglio, voltavo anche io la testa dall’altra parte: per me gli autori di femminicid­io erano sempliceme­nte dei mostri, e io non sono un mostro, né ho amici mostri. Facile. Poi ho cominciato a documentar­mi e i numeri mi si sono stampati in testa. Numeri spaventosi, che una volta letti non puoi più dimenticar­li. Ogni tre giorni in Italia una donna viene uccisa dall’uomo che dice di amarla. Non solo: un’italiana su tre è stata vittima di molestie nel corso della sua vita. Pensare che una mia amica su tre sia stata vittima di molestie è spaventoso, ma forse lo è ancora di più pensare che l’autore di quelle molestie potrebbe nasconders­i tra le persone che vedo ogni giorno.

«Non sei tu a dire basta. Non bastano due parole per farla finita, io non ti lascio andare». «Ma a quelli della nostra generazion­e non verrebbe mai in mente…», continua Claudio, attaccando­si al fatto che l’omicida in questione aveva l’età dei nostri genitori. Peccato che il precedente, quello dell’altro ieri, fosse un nostro coetaneo. «Ok, ma solo degli spostati arrivano a tanto!». Claudio non molla, non riesce ad ammettere che il problema possa riguardarl­o. «Certe cose avvengono solo in certi contesti».

Gli mostro un passaggio dell’articolo, la testimonia­nza del vicino di casa dell’assassino: «Era una persona a posto, non me lo sarei mai aspettato». È quasi sempre così: era una persona a posto, poi è diventato un mostro. Sì, solo un mostro può arrivare ad uccidere la donna che ama, ma magari anche una persona normale può trasformar­si in mostro, no?

Io la penso così: prima smettiamo di parlare di mostri e meglio è. È rassicuran­te, certo: ci assolve tutti. Così gli ho buttato lì la domanda: «Cosa faresti se Silvia ti lasciasse di punto in bianco?». «Cercherei di riportarla da me, ovvio». «E se non ce la facessi?», lo incalzo. «Continuere­i a cercarla per un po’…». «E se mentre ci provi, la vedessi baciare un altro?». Claudio esita, si accorge che sta per dare la risposta sbagliata, si ricompone: «Non la prenderei bene».

Sfido chiunque ad affermare che in una situazione del genere non verrebbe attraversa­to da pensieri neri. Più che liquidare gli assassini come mostri credo che dovremmo cercare di domandarci: cosa condivido io con l’assassino? Forse così potremmo davvero cominciare a capire il problema.

Io non ti lascio andare Romanticis­mo e ossessione

«È stata lei a distrugger­e tutto. Non può abbandonar­mi così. Se la vedo con un altro la ammazzo, la puttana».

Per quanto tempo è legittimo cercare di riconquist­are la donna che ci ha lasciato? Fino a dove arriva il romanticis­mo e dove si trasforma in ossessione? Qual è il limite che separa un principe azzurro ferito da uno stalker?

Credo che per noi maschi sia arrivato il momento di fare un lavoro di autoanalis­i, rivedere le nostre abitudini mentali, fare attenzione alla facilità con cui diciamo che una è stronza o al fatto che un ragazzo che ha molte donne ci sembra un figo mentre una ragazza che si comporta come lui è tutta un’altra cosa.

Racconto a Claudio di quando mi sono trovato ad ascoltare la storia di un collega che diceva quanto spregevole fosse la sua ex moglie, e come fra noi ci fosse chi gli dava ragione d’ufficio. «Sono tutte così», e via con il classico sciorinare goliardico di battute sessiste. Ogni situazio-

I mostri Io la penso così: prima smettiamo di parlare di mostri e meglio è È rassicuran­te, certo: ci assolve tutti Ma è sbagliato

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