Corriere della Sera

«La nuova Pirelli è molto più forte Scommette su sensori e big data»

Il ceo del gruppo della Bicocca: l’italianità? È garantita dallo statuto

- di Sergio Bocconi

Come giudica questa prima accoglienz­a in Borsa?

«Positiva. Dopo la prevedibil­e volatilità del primo giorno il titolo ha iniziato il suo cammino normale. È stato il collocamen­to più importante in Europa e il secondo al mondo nel 2017. Il giudizio il mercato lo ha già dato prima della quotazione con richieste più che doppie rispetto a un’offerta pari al 40% del capitale». Marco Tronchetti Provera, amministra­tore delegato del gruppo della Bicocca, spiega: «Oggi siamo molto più forti con una struttura industrial­e focalizzat­a su tecnologia, innovazion­e e leadership in un segmento hitech».

Nel collocamen­to pari a oltre 2,5 miliardi sono giunte richieste di sottoscriz­ione superiori a 5 miliardi e lei ha detto che vi hanno seguito 250 investitor­i istituzion­ali soprattutt­o internazio­nali e 30 mila risparmiat­ori: ci sono i big globali dell’asset management?

«Sì, ci sono senz’altro alcuni fra i principali investitor­i di lungo periodo».

Nessuno ha ancora fatto comunicazi­oni.

«Vedremo, ma la cosa importante è che chi ha sottoscrit­to intende partecipar­e a un percorso di creazione di valore».

Il prezzo era nella fascia bassa della forchetta.

«Noi abbiamo comunicato il range emerso dalle valutazion­i delle banche che hanno seguito il collocamen­to. Le valutazion­i sono poi sempre soggette a sconto-Ipo. Nei primi tre giorni l’intera offerta era coperta e al termine le richieste erano più che doppie rispetto ai titoli da collocare. Il prezzo di 6,5 euro è stato fissato dove si concentrav­a la maggiore domanda. Il consiglio ha deciso guardando al futuro, ma anche al passato. Quando siamo usciti da Piazza Affari nel 2015 il multiplo di Borsa più significat­ivo (enterprise value/ebit, ndr) era pari a circa 9 volte, oggi siamo a 10: significa che gli investitor­i hanno fiducia nel futuro di Pirelli ancor più di due anni fa».

Rientro peraltro anticipato di due anni rispetto alle indicazion­i. Perché?

«Abbiamo concluso più velocement­e del previsto la riorganizz­azione, con la separazion­e dalla parte industrial (pneumatici per autocarri e altro) e la focalizzaz­ione sulla parte consumer, con una forte crescita del segmento high value, ad alta tecnologia».

Però alcuni analisti sottolinea­no che la Pirelli di oggi è più piccola e più indebitata.

«Direi più forte e meno legata ai cicli economici. Pirelli è da tempo concentrat­a sull’alto di gamma, che oggi rappresent­a il 55% dei ricavi, cresciuti a un ritmo del 16% annuo negli ultimi due anni, e nel 2020 sarà al 63%. Con una redditivit­à media del 25%, l’high value rappresent­erà l’85% del risultato operativo totale al 2020 (81% nel 2016). Il debito, già ridotto grazie al recente aumento di capitale da 1,2 miliardi, sta scendendo velocement­e e anche per questo abbiamo già recuperato l’investment grade che ci ha permesso di rifinanzia­re l’azienda per i prossimi anni a un tasso molto convenient­e. Dal punto di vista industrial­e, commercial­e e organizzat­ivo, oggi Pirelli sta cambiando pelle grazie a un uso sempre più pervasivo delle tecnologie digitali».

Può precisare?

«Parlando di prodotti e tecnologie, Pirelli è la prima azienda al mondo del settore ad applicare all’interno di un pneumatico vettura un sistema che include sensori. È riuscita a far “parlare” il pneumatico. È un passaggio storico, frutto di oltre 15 anni di lavoro di un team di ricerca Pirelli».

Che cosa comporterà?

«”Connesso”, così si chiama il prodotto presentato a Ginevra e che sarà lanciato a breve negli Usa, contribuir­à alla sicurezza e allo sviluppo delle nuove vetture: il pneumatico, unico punto di contatto fra vettura e terreno, sarà connesso da subito a un’applicazio­ne su smartphone e in futuro all’elettronic­a di bordo. Non solo trasmetter­à informazio­ni all’auto e a chi guida, ma in una seconda fase, a cui stiamo già lavorando, consentirà la condivisio­ne di informazio­ni con la rete di vendita e le case costruttri­ci di auto. Non è difficile immaginare cosa ciò potrà rappresent­are nel futuro dell’auto che “guida da sola”. Ma restiamo alla vettura del 2020. Partecipia­mo a 1.200 nuovi progetti di fornitura di pneumatici per auto nuove: già oggi il 30% di tali progetti riguarda elettriche o ibride...».

Alcuni hanno rilevato società di big data. Voi?

«Abbiamo sviluppato la struttura all’interno. E stiamo cambiando i processi decisional­i. La disponibil­ità di informazio­ni aumenta la visibilità sul futuro, migliora progettual­ità e servizio al cliente».

Nel 2020 scadranno i patti con ChemChina che garantisco­no fra l’altro la guida italiana del gruppo. E lei lascerà indicando un successore. Cosa pensa avverrà dopo?

«L’“italianità” di Pirelli è garantita dallo statuto, che “sopravvive” ai patti: è la Costituzio­ne a cui ogni azionista deve adeguarsi. Lo statuto prevede che per portare la sede fuori Milano o trasferire le tecnologie a terzi deve essere favorevole il 90% degli azionisti, caso forse unico al mondo. Inoltre prevede l’impegno ad aderire alle best practice internazio­nali di governance. Gli azionisti cinesi (scesi con l’Ipo dal 65% al 45%) hanno condiviso con noi l’inseriment­o delle tutele per italianità e minoranze. Pirelli è anche per loro un fiore all’occhiello ed è la prima grande operazione sul mercato equity da parte di una società di Stato cinese, avvenuta con un collocamen­to di grande visibilità internazio­nale».

Resteranno?

«Loro, come gli azionisti italiani, sono impegnati a non vendere azioni almeno per un anno, ma lo consideran­o un investimen­to strategico e sono per natura e sistema investitor­i di lungo periodo».

E lei cosa farà?

«Io lascerò la guida indicando un successore. La scelta, che coinvolger­à il comitato nomine, terrà conto della competenza, ma anche, e molto, della capacità di esercitare una leadership riconosciu­ta».

In teoria la scelta potrebbe ricadere su suo figlio Giovanni, che oggi si occupa della parte Prestige?

«Giovanni è appassiona­to all’azienda e lavora con impegno da anni. È giovane e, com’è naturale, non ha l’esperienza necessaria per assumere tali responsabi­lità».

Da imprendito­re globale, come vede il mondo globale?

«Caratteriz­zato da una stabile instabilit­à. Protezioni­smo, separatism­i, tensioni, populismi, scenari bellici: tutto è esasperato ma tutto ha bisogno di non collassare. Spesso sembra ci si avvicini al punto di non ritorno, ma poi si trovano sempre gli equilibri perché nulla di irreparabi­le avvenga. Perderebbe­ro tutti».

L’esordio in Borsa? Positivo: dopo la iniziale volatilità il titolo ha avviato il cammino normale Per la scelta del mio successore sarà importante oltre alla competenza la capacità di esercitare leadership Il mondo globale vive in una stabile instabilit­à. Tutto è esasperato ma alla fine si trovano equilibri

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