«La nuova Pirelli è molto più forte Scommette su sensori e big data»
Il ceo del gruppo della Bicocca: l’italianità? È garantita dallo statuto
Come giudica questa prima accoglienza in Borsa?
«Positiva. Dopo la prevedibile volatilità del primo giorno il titolo ha iniziato il suo cammino normale. È stato il collocamento più importante in Europa e il secondo al mondo nel 2017. Il giudizio il mercato lo ha già dato prima della quotazione con richieste più che doppie rispetto a un’offerta pari al 40% del capitale». Marco Tronchetti Provera, amministratore delegato del gruppo della Bicocca, spiega: «Oggi siamo molto più forti con una struttura industriale focalizzata su tecnologia, innovazione e leadership in un segmento hitech».
Nel collocamento pari a oltre 2,5 miliardi sono giunte richieste di sottoscrizione superiori a 5 miliardi e lei ha detto che vi hanno seguito 250 investitori istituzionali soprattutto internazionali e 30 mila risparmiatori: ci sono i big globali dell’asset management?
«Sì, ci sono senz’altro alcuni fra i principali investitori di lungo periodo».
Nessuno ha ancora fatto comunicazioni.
«Vedremo, ma la cosa importante è che chi ha sottoscritto intende partecipare a un percorso di creazione di valore».
Il prezzo era nella fascia bassa della forchetta.
«Noi abbiamo comunicato il range emerso dalle valutazioni delle banche che hanno seguito il collocamento. Le valutazioni sono poi sempre soggette a sconto-Ipo. Nei primi tre giorni l’intera offerta era coperta e al termine le richieste erano più che doppie rispetto ai titoli da collocare. Il prezzo di 6,5 euro è stato fissato dove si concentrava la maggiore domanda. Il consiglio ha deciso guardando al futuro, ma anche al passato. Quando siamo usciti da Piazza Affari nel 2015 il multiplo di Borsa più significativo (enterprise value/ebit, ndr) era pari a circa 9 volte, oggi siamo a 10: significa che gli investitori hanno fiducia nel futuro di Pirelli ancor più di due anni fa».
Rientro peraltro anticipato di due anni rispetto alle indicazioni. Perché?
«Abbiamo concluso più velocemente del previsto la riorganizzazione, con la separazione dalla parte industrial (pneumatici per autocarri e altro) e la focalizzazione sulla parte consumer, con una forte crescita del segmento high value, ad alta tecnologia».
Però alcuni analisti sottolineano che la Pirelli di oggi è più piccola e più indebitata.
«Direi più forte e meno legata ai cicli economici. Pirelli è da tempo concentrata sull’alto di gamma, che oggi rappresenta il 55% dei ricavi, cresciuti a un ritmo del 16% annuo negli ultimi due anni, e nel 2020 sarà al 63%. Con una redditività media del 25%, l’high value rappresenterà l’85% del risultato operativo totale al 2020 (81% nel 2016). Il debito, già ridotto grazie al recente aumento di capitale da 1,2 miliardi, sta scendendo velocemente e anche per questo abbiamo già recuperato l’investment grade che ci ha permesso di rifinanziare l’azienda per i prossimi anni a un tasso molto conveniente. Dal punto di vista industriale, commerciale e organizzativo, oggi Pirelli sta cambiando pelle grazie a un uso sempre più pervasivo delle tecnologie digitali».
Può precisare?
«Parlando di prodotti e tecnologie, Pirelli è la prima azienda al mondo del settore ad applicare all’interno di un pneumatico vettura un sistema che include sensori. È riuscita a far “parlare” il pneumatico. È un passaggio storico, frutto di oltre 15 anni di lavoro di un team di ricerca Pirelli».
Che cosa comporterà?
«”Connesso”, così si chiama il prodotto presentato a Ginevra e che sarà lanciato a breve negli Usa, contribuirà alla sicurezza e allo sviluppo delle nuove vetture: il pneumatico, unico punto di contatto fra vettura e terreno, sarà connesso da subito a un’applicazione su smartphone e in futuro all’elettronica di bordo. Non solo trasmetterà informazioni all’auto e a chi guida, ma in una seconda fase, a cui stiamo già lavorando, consentirà la condivisione di informazioni con la rete di vendita e le case costruttrici di auto. Non è difficile immaginare cosa ciò potrà rappresentare nel futuro dell’auto che “guida da sola”. Ma restiamo alla vettura del 2020. Partecipiamo a 1.200 nuovi progetti di fornitura di pneumatici per auto nuove: già oggi il 30% di tali progetti riguarda elettriche o ibride...».
Alcuni hanno rilevato società di big data. Voi?
«Abbiamo sviluppato la struttura all’interno. E stiamo cambiando i processi decisionali. La disponibilità di informazioni aumenta la visibilità sul futuro, migliora progettualità e servizio al cliente».
Nel 2020 scadranno i patti con ChemChina che garantiscono fra l’altro la guida italiana del gruppo. E lei lascerà indicando un successore. Cosa pensa avverrà dopo?
«L’“italianità” di Pirelli è garantita dallo statuto, che “sopravvive” ai patti: è la Costituzione a cui ogni azionista deve adeguarsi. Lo statuto prevede che per portare la sede fuori Milano o trasferire le tecnologie a terzi deve essere favorevole il 90% degli azionisti, caso forse unico al mondo. Inoltre prevede l’impegno ad aderire alle best practice internazionali di governance. Gli azionisti cinesi (scesi con l’Ipo dal 65% al 45%) hanno condiviso con noi l’inserimento delle tutele per italianità e minoranze. Pirelli è anche per loro un fiore all’occhiello ed è la prima grande operazione sul mercato equity da parte di una società di Stato cinese, avvenuta con un collocamento di grande visibilità internazionale».
Resteranno?
«Loro, come gli azionisti italiani, sono impegnati a non vendere azioni almeno per un anno, ma lo considerano un investimento strategico e sono per natura e sistema investitori di lungo periodo».
E lei cosa farà?
«Io lascerò la guida indicando un successore. La scelta, che coinvolgerà il comitato nomine, terrà conto della competenza, ma anche, e molto, della capacità di esercitare una leadership riconosciuta».
In teoria la scelta potrebbe ricadere su suo figlio Giovanni, che oggi si occupa della parte Prestige?
«Giovanni è appassionato all’azienda e lavora con impegno da anni. È giovane e, com’è naturale, non ha l’esperienza necessaria per assumere tali responsabilità».
Da imprenditore globale, come vede il mondo globale?
«Caratterizzato da una stabile instabilità. Protezionismo, separatismi, tensioni, populismi, scenari bellici: tutto è esasperato ma tutto ha bisogno di non collassare. Spesso sembra ci si avvicini al punto di non ritorno, ma poi si trovano sempre gli equilibri perché nulla di irreparabile avvenga. Perderebbero tutti».
L’esordio in Borsa? Positivo: dopo la iniziale volatilità il titolo ha avviato il cammino normale Per la scelta del mio successore sarà importante oltre alla competenza la capacità di esercitare leadership Il mondo globale vive in una stabile instabilità. Tutto è esasperato ma alla fine si trovano equilibri