Noi e la voce di Michelle
C’è anche l’ex First Lady nell’album delle gemelle Ibeyi «Quella frase femminista contro Trump ci rappresenta»
Se una interrompe l’altra parte con un’occhiata fulminante. Un attimo dopo una ruba l’anello della sorella per provarselo. Momenti di interazione familiare. Lisa-Kaindé e Naomi Diaz sono due gemelle franco-cubane di 22 anni che fanno musica in coppia, sotto l’insegna Ibeyi, che sta per gemelle nella versione cubana dello youruba, una lingua africana che sull’onda dello schiavismo si è diffusa anche nei Caraibi.
Nate a Parigi, hanno passato l’inizio della loro vita nell’isola per poi tornare in Europa. Hanno la musica nel sangue e non è un modo dire. Il loro papà, Miguel «Angá» Diaz, è stato un percussionista per i Buena Vista e altre star della musica cubana come Omara Portuondo e Omar Sousa. «Ash», secondo album della carriera del duo, è uscito la scorsa settimana, è fra i più lodati del momento dalla critica e in un tweet Adele lo ha definito «splendido».
«I Wanna Be Like You» (tradotto significa «Voglio essere come te») è il singolo che gira in questi giorni. «A volte vorrei essere come Naomi, vorrei i suoi occhi e poi sentire il ritmo profondamente come lo sente lei. Vorrei anche essere un po’ selvaggia come lei anche solo per pochi secondi. È una gangster, ama la trap, l’hip hop e il funk, tutto quello che ha ritmo. Quando balla si diverte a fare twerk, ha un’energia animale» dice Lisa-Kaindé, capelli afro, l’autrice di testi e musica. «Lei è calma, dolce. Il mio opposto», risponde la sorella, occhi chiari, responsabile degli arrangiamenti. Diverse, ma non siamo a livelli dei fratelli Gallagher che hanno sfasciato gli Oasis per le continue liti. «Noooo», ridono in coro. «Il giorno in cui cominciamo a essere così smettiamo di fare musica. Questa avventura ci rende orgogliose, non vale la pena perdere il nostro amore familiare per questo. La musica dovrebbe portarci più vicine, se ci allontana meglio fermarci», rilancia la cantante.
Dentro «Ash» si incrociano più generi: elettronica, soul, hip hop. I testi raccontano la loro visione del mondo. «Nel primo album ci presentavamo, parlavamo del nostro passato, delle nostre vite dagli 11 ai 19 anni, piangevamo la morte di nostro padre e nostra sorella. Per questo secondo disco era il momento di parlare di altri temi che avevamo in pancia da anni. E ci sentivamo abbastanza forti per farlo». Le nuove canzoni sono state scritte durante la campagna presidenziale Usa. «Credo che si sentano l’energia e l’elettricità che c’erano nell’aria in quel periodo. C’è qualcosa di nervoso nella canzone che dà il titolo al disco», dice l’autrice. «Avremmo potuto fare lo stesso cd durante le elezioni francesi. Che però non sono andate così male», rilancia Naomi.
«No Man Is Big Enough for My Arms» contiene uno spezzone di un discorso di Michelle Obama. «Lo ha fatto dopo quello in cui Trump ha usato parole sprezzanti sulle donne. La allora first lady parla di donne in un modo bellissimo e ci sentiamo rappresentate da quello che dice». È un brano femminista? «Sì perché è una canzone da donna a donna. Per me femminista significa quello che è scritto nel vocabolario: volere l’uguaglianza fra uomini e donne», precisa Lisa. Se le attrici fanno sentire la propria voce e denunciano una Hollywood maschilista, non accade lo stesso nella musica. «Non ci sono mai capitati episodi negativi, ma crediamo che quell’atteggiamento si trovi anche nella musica. Soprattutto quando una ragazza non sa dove andare. Se non sei convinta, se non sei forte, finisce che ti dicono cosa fare, come vestirti, chi essere. Con noi non accadrà», racconta Naomi. Prosegue Lisa: «Puoi essere femminista e cantare con degli shorts ma se lo fai devi sentirti bene, devi sentirti te stessa. E allo stesso tempo dovresti essere libera di andare sul palco o in tv senza trucco, senza essere giudicata».
«Deathless» lascia intuire un brutto momento, forse una violenza sulla 16enne protagonista della canzone. «Racconto un’esperienza in prima persona, un episodio alla stazione di Parigi con un poliziotto razzista. Vorrei diventasse un brano per tutti, per chi si sente in minoranza, per chi si sente piccolo e insignificante».
Da Cuba a Parigi In «Ash» anche un brano di denuncia contro la violenza e il razzismo