Corriere della Sera

«Mia figlia abusata ma lei ci accusa: i mostri siete voi»

Brescia, la madre di una ragazza violentata: per incastrarl­o l’ho invitato a casa, ma ora per lei sono un mostro

- Di Mara Rodella

«Come mi sento? Male, un fallimento. In colpa per non essermi accorta in tempo di quanto stava succedendo sotto i miei occhi». Parla la madre di una delle ragazze abusate dall’allenatore di karate a Lonato, nel Bresciano. «Secondo lei — continua la donna — i mostri siamo noi, che l’abbiamo strappata dall’amore della sua vita. Mi auguro che col tempo capisca la gravità di ciò che è successo». Per incastrare l’allenatore, la famiglia della ragazza l’aveva invitato anche a casa: «È stata una delle cose più difficili mai affrontate. Ci raccontò quanto fosse innamorato di nostra figlia. Ma ancora non immaginava­mo cosa si nascondess­e dietro a questa vicenda».

Combatte come una guerriera. Sotto l’armatura, il cuore spezzato dal dolore di una figlia «che spero prima o poi la smetta di detestarci». Perché lei è mamma di una delle ragazze abusate dall’allenatore di karate in una palestra del Bresciano, che ancora si dice «innamorata» di lui. «Esatto — dice —. Il problema è che secondo lei, che ora di anni ne ha 17, i mostri siamo noi, che l’abbiamo strappata dall’amore della vita. Mi auguro che con il tempo capisca».

Lei come si sente?

«Male, un fallimento. In colpa per non essermi accorta in tempo di quanto stesse succedendo. Ma mi creda: non è che io non abbia seguito mia figlia, anzi. Abbiamo sempre avuto dialogo, un bel rapporto, certo, con i conflitti tipici dell’adolescenz­a.

Lei non è mai stata una ragazza con grilli per la testa».

Poi c’era la palestra. Dove nel 2016 ha conosciuto il suo istruttore, 42 anni.

«Già, la palestra. Che si figuri iniziò a frequentar­e, a 15 anni, per accompagna­re l’ex fidanzatin­o. Quando si lasciarono mi disse che si era fatta nuovi amici, che avrebbe lasciato danza per continuare gli allenament­i».

L’ha vista cambiare?

«In un certo senso sì, ma credevo solo stesse crescendo. Si curava di più, teneva tantissimo alla forma fisica, aveva forte autostima. E in palestra ci andava sempre di più».

Poi cosa è successo?

«Dopo qualche mese ho ricevuto una telefonata. Era un’altra allieva. Mi pregò di allontanar­e mia figlia da quella palestra, perché non avrebbe dovuto accaderle quello che era stata costretta a subire lei. Con un paio di domande ho capito di cosa e di chi stesse parlando. Mi stava dicendo che mia figlia aveva una relazione con quell’uomo».

E lei non lo ha negato.

«No. Ma avevamo bisogno di capire se si trattasse di un’infatuazio­ne platonica o meno. Per questo dopo aver provato ad allontanar­la suo padre e io abbiamo finto di accettare la relazione: per capire cosa stesse succedendo».

Così quell’uomo l’avete fatto entrare in casa vostra.

«È stata una delle cose più difficili mai affrontate. Per ore ci raccontò quanto fosse innamorato di lei. C’era solo una cosa da fare: raccoglier­e quanti più elementi possibili per incastrarl­o. Ma ancora non immaginava­mo cosa si nascondess­e dietro. Certo è che faceva leva sull’isolamento delle allieve dalla famiglia, dagli amici: mia figlia si stava allontanan­do, ma non ho compreso perché e quanto».

Lo avete denunciato.

«Sì. Ma è stata dura, ci ho pensato per giorni: sapevo che per mia figlia sarebbe iniziato un percorso faticosiss­imo. Ci ha accusati di averla tradita, ci disse che i mostri eravamo noi, non lui: capisce? Non ho salvato mia figlia e forse non riuscirò a salvarla, ma non mi sarei mai perdonata pensando che con quell’uomo, ogni giorno, c’erano minorenni. Andava fermato».

E adesso?

«Adesso ho paura. Andiamo avanti giorno dopo giorno. E a mia figlia abbiamo detto tutto, atti d’inchiesta alla mano, affiancati dagli esperti. Mi auguro solo che non finisca in una bolla di sapone».

d Il rimorso Mi sento in colpa per non essermi accorta in tempo di quello che stava succedendo

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