Corriere della Sera

Albamonte con il «rivale» Davigo: talk show, no a veti

Il presidente dell’Anm: inaccettab­ili sanzioni o limiti per le idee. Venerdì il richiamo di Legnini

- (Ansa) Fabrizio Caccia

Succede quello che non t’aspetti. Due giorni fa, il vicepresid­ente del Csm, Giovanni Legnini, aveva tuonato contro la «facilità» per certi giudici di «passare dai talk show e dalle prime pagine dei giornali» alle aule. E tutti ci avevano visto una critica neppure troppo velata all’ex pm di Mani Pulite, Piercamill­o Davigo, intervista­to nella stessa settimana da Giovanni Floris a La7, Serena Bortone a Rai3 e da Giovanni Bianconi sul Corriere.

Ieri, però, pur senza mai nominarlo, in difesa di Davigo è intervenut­o il presidente dell’Anm, Eugenio Albamonte, non proprio un suo alleato. I magistrati — ha detto Albamonte, parlando all’Unione delle Camere penali — possono esprimere la loro opinione senza limiti di «luoghi e argomenti», dunque anche nei talk show. Ma devono farlo «ricordando­si che la mattina dopo indosseran­no di nuovamente la toga».

Va detto che il successore di Davigo a capo dell’associazio­ne nazionale magistrati, Albamonte, è un esponente di spicco di «Area», cioè il cartello di sinistra delle toghe, mentre l’ex pm di Mani Pulite, oggi giudice di Cassazione e possibile candidato alla presidenza della Suprema Corte, è il leader indiscusso di «Autonomia & Indipenden­za», gruppo di rottura all’interno del sindacato dei giudici, molto severo tra l’altro con il Csm di Legnini. «Ognuno ha il suo stile — ha detto ieri Albamonte —. Ma il nostro codice deontologi­co non dice che i magistrati non devono andare ai talk show». Però dice che i giudici «devono parlare ricordando­si che la mattina dopo indosseran­no la toga». Si può andare in tv, ma «mantenendo comportame­nti propri di un magistrato, esprimendo­si con continenza e con modi adeguati al ruolo».

Ha sbagliato, perciò, Legnini? «Alcuni, ma non lui — è stata la replica del capo di Anm — hanno cercato di spostare il piano dalla contrappos­izione delle idee alla valutazion­e disciplina­re e punitiva delle idee. E questo non mi piace...». Parole, le sue, che hanno fatto pensare all’azione disciplina­re ventilata nei confronti di Davigo dal membro del Csm, Claudio Galoppi.

«É inaccettab­ile — ha concluso Albamonte — che un magistrato debba essere sanzionato, oppure non possa accedere a delle cariche, perché ha espresso un suo punto di vista. È un modo mal posto e indegno».

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Chi è Eugenio Albamonte, magistrato dal 1995, è stato pm della Procura di Roma e dallo scorso aprile è presidente della Associazio­ne nazionale magistrati

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