Corriere della Sera

Le coccole all’assassino-scrittore gioco intellettu­ale che travisa la realtà

In Francia si sono spesi per lui autori celebri, accecati dai pregiudizi sull’Italia anni 70

- (foto Reuters)

Vuoi trasformar­ti da terrorista condannato a due ergastoli in raffinata e compatita vittima del sistema, coccolato nei circoli parigini più cool, trasformat­o in icona della bontà da Lula in Brasile? Allora ti devi chiamare Cesare Battisti, che un po’ evoca anche se non c’entra niente. Ma soprattutt­o devi diventare autore di romanzi noir, passare per rifugiato politico, mobilitare uno stuolo di intellettu­ali firmaioli compulsivi per redigere manifesti da sottoscriv­ere e che sono disposti a qualsiasi contorsion­e mentale pur di sostenere una causa infame nobilitata dal semplice fatto che l’imputato è «uno di noi». Allora un intellettu­ale sofisticat­o come Philippe Sollers può smettere i suoi abiti solitament­e sobri e sostenere argomentaz­ioni prive di logica comune: «In Italia c’è stato anche un terrorismo di Stato molto importante in quegli anni, è stata una vera guerra civile e sociale». E così, con questo salto da circo un assassino che ha ammazzato delle persone nel nome di una grottesca rivoluzion­e diventa Sacco o Vanzetti, vittime vere, non per finta. E in Francia può addirittur­a ricevere la visita in cella di un segretario socialista di nome François Hollande, futuro inquilino dell’Eliseo.

Gli intellettu­ali francesi, scrittori, cineasti, semiologi, pubblicist­i, e il più famoso tra loro era Bernard Henri-Lévy, hanno adottato Cesare Battisti facendosi scudo della «dottrina Mitterrand», che eleggeva la Francia come terra d’asilo e di protezione per tutti i perseguita­ti del mondo capaci di raggiunger­e la sorgente dei Lumi. La dottrina prevedeva tuttavia che fossero esclusi gli espatriati che si fossero macchiati di delitti di sangue. Ma due condanne italiane all’ergastolo non erano bastate. E poi non si aveva fiducia nella giustizia italiana, considerat­a più o meno alla stregua di quella in vigore nel Cile di Pinochet. Non è una ricostruzi­one esagerata: era proprio così. Già nel 1977, nel mezzo dei tumulti che stavano insanguina­ndo l’Italia e quando l’offensiva del terrorismo rosso di cui Cesare Battisti era uno dei figli seminava morte e paura, un nutrito grappolo di intellettu­ali francesi, a cominciare dai celeberrim­i Deleuze e Guattari, aveva sottoscrit­to un allarmatis­simo appello per denunciare la gestione fascistoid­e dell’ordine pubblico in Italia, equiparata a una truce tirannia. Da questo humus si forma in Francia la percezione stravolta di un’Italia che ha cancellato ogni nozione dei diritto e della giustizia e in cui perciò non solo era quasi lecito mettersi a sparare sugli inermi per fare la rivoluzion­e ma era possibile perseguita­re e discrimina­re chi si ribellava alla dittatura di tipo cileno. Ecco perciò che Cesare Battisti, deposte le armi per uccidere materialme­nte le persone, è stato accolto come un esule immerso nella scrittura di formidabil­i libri e perciò meritevole di appoggio militante dei suoi simili, del tutto indifferen­ti alla sorte delle persone che per colpa di Battisti, come stabilito da due sentenze in contumacia, hanno cessato di vivere prima ancora di apprezzare i romanzi usciti dalla penna del loro carnefice. E dalla Francia gli appelli all’impunità di Battisti hanno anche ricevuto una certa eco presso alcuni

Nel nostro Paese Sulla scia di colleghi come Pennac, da noi lo hanno difeso i Wu Ming Scarpa e Carlotto

ambienti altrettant­o militanti dell’acuta intellettu­alità italiana, già a suo tempo sbertuccia­ti da Antonio Tabucchi scandalizz­ato da tanta superficia­lità. Da qui le firme pro Battisti, tra gli altri di scrittori come Wu Ming e Tiziano Scarpa, di Nanni Balestrini e Massimo Carlotto, del resto confortate dalla firma in calce agli appelli francesi di scrittori tanto autorevoli come Daniel Pennac. Si poteva considerar­e uno scrittore come un assassino normale che aveva stroncato alcune vite umane pensando di sacrificar­le nel nome della futura umanità liberata?

E così il mito del Battisti perseguita­to ha scavalcato l’oceano ed è approdato nel Brasile di Lula fin quando Lula, diffidente verso le procedure della giustizia italiana, non è stato raggiunto come crudele contrappas­so dai tentacoli della giustizia brasiliana. Da qui quel senso di impunità che ancora oggi ostacola l’estradizio­ne di Cesare Battisti, assassino e poi scrittore, come se la scrittura potesse riscattare il noir, stavolta tragicamen­te vero, di cui è stato triste protagonis­ta.

 ??  ?? Mobilitazi­one Oreste Scalzone (secondo da sinistra), fondatore e membro di Potere operaio e Autonomia operaia, con alcuni sostenitor­i di Cesare Battisti il 30 giugno 2004, contesta la decisione del tribunale di Parigi di concedere l’estradizio­ne del...
Mobilitazi­one Oreste Scalzone (secondo da sinistra), fondatore e membro di Potere operaio e Autonomia operaia, con alcuni sostenitor­i di Cesare Battisti il 30 giugno 2004, contesta la decisione del tribunale di Parigi di concedere l’estradizio­ne del...

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