Catalogna oppressa? Tutta propaganda Ma insieme ce la faremo
Il ministro degli Esteri spagnolo e l’appello al dialogo
La Spagna è una democrazia consolidata in cui vige lo Stato di diritto. Anche se l’immensa maggioranza dei lettori del Corriere della Sera conosce perfettamente l’ambito giuridico spagnolo e i suoi fondamenti, devo riconoscere che ho trovato alcune opinioni prive di informazione o influenzate da un racconto inconsistente, che mettono in dubbio il fatto indiscutibile della nostra solida democrazia. Ci troviamo di fronte a una situazione grave e a un tema complesso, motivo per il quale desidero affrontarlo con argomenti che contribuiscano a smontare le intollerabili falsità dette e scritte dagli irresponsabili che sottoscrivono questa sfida allo Stato spagnolo.
Vorrei contestualizzare gli eventi del primo ottobre. Il referendum di autodeterminazione convocato dal governo catalano era stato dichiarato illegale dalla nostra Corte costituzionale. Di fronte alla disubbidienza delle autorità catalane, le forze e i corpi di sicurezza dello Stato hanno agito con l’unico obiettivo di impedire una votazione illegale. Nonostante l’uso di immagini e cifre false, desidero chiarire che l’operato delle forze di sicurezza è stato guidato dallo scrupoloso rispetto dei diritti e delle garanzie, dalla prudenza e dalla proporzionalità e a difesa della convivenza pacifica. Non è stata una giornata facile per nessuno ma l’azione delle forze di sicurezza si è conclusa soltanto con due feriti ricoverati, il cui stato evolve favorevolmente e ai quali auguro una rapida guarigione. Le altre cifre fornite sui feriti suscitano seri dubbi e contribuiscono soltanto ad alimentare un racconto propagandistico smentito dalla realtà nuda e cruda.
Nulla di tutto ciò sarebbe successo se il 7 settembre, in una vergognosa seduta parlamentare, i secessionisti non avessero derogato unilateralmente — pur non contando sulla necessaria maggioranza e violando tutte le procedure parlamentari — allo stesso Statuto di Autonomia della Catalogna (approvato in un referendum legale dai catalani nel 2006), e alla Costituzione spagnola del 1978, che venne ratificata in un referendum dal 90,5% dei catalani e dei cui sette relatori due erano catalani. In quel momento, l’indipendentismo, fino ad allora una legittima aspirazione di una minoranza, passò a diventare un’illegittima imposizione alla maggioranza dei catalani che si considerano anche spagnoli. Il «diritto di decidere» si è trasformato quindi in un traumatico «obbligo di decidere». E lo hanno fatto pur sapenlista Le forze dell’ordine Il giorno del referendum, l’azione delle forze di sicurezza per impedire un voto illegale è stata guidata dal rispetto scrupoloso di diritti e garanzie do che il diritto all’autodeterminazione da parte del territorio non è permesso né dalla Costituzione spagnola né da nessuna Costituzione dei Paesi vicini. Pur sapendo che il diritto internazionale non permette l’invocazione unilaterale di questo principio per il caso della Catalogna, né per nessun altro territorio degli Stati membri della Ue. Pur sapendo che la stessa Ue sancisce nei suoi trattati il rispetto degli ordinamenti interni dei Paesi membri.
Tutto questo è stato detto dal governo della Spagna, ma anche dalle istituzioni dell’Unione Europea, le quali hanno ricordato ripetutamente che un’azione contro la Costituzione di uno Stato membro è un atto contro l’ambito legale di tutta la Ue. Come anche si è espressa praticamente la totalità dei leader dei Paesi a noi vicini, che si sono dichiarati a favore dell’unità costituzionale del nostro Paese.
Quale è stata la risposta del secessionismo catalano? Posizionarsi nella disobbedienza con azioni che dimostrano una vera connotazione antidemocratica. Brandendo una ridicola di false ingiustizie su cui l’indipendentismo ha basato la sua campagna e che si smontano con una semplice analisi della realtà catalana. Mi auguro che gli italiani non si lascino impressionare da quelle menzogne. Come potrebbe, una delle regioni più ricche e moderne d’Europa, essere una regione oppressa? No, né la Catalogna subisce una «spoliazione fiscale», né la lingua catalana, protetta dalla Costituzione, è oggetto di disprezzo; tutto l’opposto: si tratta oggigiorno dell’unica lingua nella quale si possono scolarizzare i bambini nelle scuole pubbliche. È anche sintomatico il tipo di appoggio internazionale che sta riscuotendo il secessionismo, da Nicolás Maduro a Nigel Farage. Non sembrano garanti del miglior livello.
Cosa ci riserva il futuro? Il re Filippo VI, in un messaggio fermo e deciso, ha fatto un doppio appello: al ripristino dell’ordine costituzionale e alla concordia tra gli spagnoli. Il presidente Rajoy ha ribadito la sua disponibilità a dialogare e a trattare, nel rispetto della legge. Sarà arduo se i secessionisti continueranno a costruire una realtà parallela fatta di menzogne ed esagerazioni, e se continueranno a creare fratture tra i catalani, incoraggiando i loro sostenitori a denunciare chi non segue il credo nazionalista. Sarà difficile, ma la Spagna è una democrazia solida e, come dicono qui in Italia, «ce la faremo».
L’obbligo di scegliere Da legittima aspirazione di una minoranza, l’indipendentismo si è trasformato in imposizione alla maggioranza catalana: da diritto a «obbligo» di decidere