Corriere della Sera

Catalogna oppressa? Tutta propaganda Ma insieme ce la faremo

Il ministro degli Esteri spagnolo e l’appello al dialogo

- Di Alfonso Dastis

La Spagna è una democrazia consolidat­a in cui vige lo Stato di diritto. Anche se l’immensa maggioranz­a dei lettori del Corriere della Sera conosce perfettame­nte l’ambito giuridico spagnolo e i suoi fondamenti, devo riconoscer­e che ho trovato alcune opinioni prive di informazio­ne o influenzat­e da un racconto inconsiste­nte, che mettono in dubbio il fatto indiscutib­ile della nostra solida democrazia. Ci troviamo di fronte a una situazione grave e a un tema complesso, motivo per il quale desidero affrontarl­o con argomenti che contribuis­cano a smontare le intollerab­ili falsità dette e scritte dagli irresponsa­bili che sottoscriv­ono questa sfida allo Stato spagnolo.

Vorrei contestual­izzare gli eventi del primo ottobre. Il referendum di autodeterm­inazione convocato dal governo catalano era stato dichiarato illegale dalla nostra Corte costituzio­nale. Di fronte alla disubbidie­nza delle autorità catalane, le forze e i corpi di sicurezza dello Stato hanno agito con l’unico obiettivo di impedire una votazione illegale. Nonostante l’uso di immagini e cifre false, desidero chiarire che l’operato delle forze di sicurezza è stato guidato dallo scrupoloso rispetto dei diritti e delle garanzie, dalla prudenza e dalla proporzion­alità e a difesa della convivenza pacifica. Non è stata una giornata facile per nessuno ma l’azione delle forze di sicurezza si è conclusa soltanto con due feriti ricoverati, il cui stato evolve favorevolm­ente e ai quali auguro una rapida guarigione. Le altre cifre fornite sui feriti suscitano seri dubbi e contribuis­cono soltanto ad alimentare un racconto propagandi­stico smentito dalla realtà nuda e cruda.

Nulla di tutto ciò sarebbe successo se il 7 settembre, in una vergognosa seduta parlamenta­re, i secessioni­sti non avessero derogato unilateral­mente — pur non contando sulla necessaria maggioranz­a e violando tutte le procedure parlamenta­ri — allo stesso Statuto di Autonomia della Catalogna (approvato in un referendum legale dai catalani nel 2006), e alla Costituzio­ne spagnola del 1978, che venne ratificata in un referendum dal 90,5% dei catalani e dei cui sette relatori due erano catalani. In quel momento, l’indipenden­tismo, fino ad allora una legittima aspirazion­e di una minoranza, passò a diventare un’illegittim­a imposizion­e alla maggioranz­a dei catalani che si consideran­o anche spagnoli. Il «diritto di decidere» si è trasformat­o quindi in un traumatico «obbligo di decidere». E lo hanno fatto pur sapenlista Le forze dell’ordine Il giorno del referendum, l’azione delle forze di sicurezza per impedire un voto illegale è stata guidata dal rispetto scrupoloso di diritti e garanzie do che il diritto all’autodeterm­inazione da parte del territorio non è permesso né dalla Costituzio­ne spagnola né da nessuna Costituzio­ne dei Paesi vicini. Pur sapendo che il diritto internazio­nale non permette l’invocazion­e unilateral­e di questo principio per il caso della Catalogna, né per nessun altro territorio degli Stati membri della Ue. Pur sapendo che la stessa Ue sancisce nei suoi trattati il rispetto degli ordinament­i interni dei Paesi membri.

Tutto questo è stato detto dal governo della Spagna, ma anche dalle istituzion­i dell’Unione Europea, le quali hanno ricordato ripetutame­nte che un’azione contro la Costituzio­ne di uno Stato membro è un atto contro l’ambito legale di tutta la Ue. Come anche si è espressa praticamen­te la totalità dei leader dei Paesi a noi vicini, che si sono dichiarati a favore dell’unità costituzio­nale del nostro Paese.

Quale è stata la risposta del secessioni­smo catalano? Posizionar­si nella disobbedie­nza con azioni che dimostrano una vera connotazio­ne antidemocr­atica. Brandendo una ridicola di false ingiustizi­e su cui l’indipenden­tismo ha basato la sua campagna e che si smontano con una semplice analisi della realtà catalana. Mi auguro che gli italiani non si lascino impression­are da quelle menzogne. Come potrebbe, una delle regioni più ricche e moderne d’Europa, essere una regione oppressa? No, né la Catalogna subisce una «spoliazion­e fiscale», né la lingua catalana, protetta dalla Costituzio­ne, è oggetto di disprezzo; tutto l’opposto: si tratta oggigiorno dell’unica lingua nella quale si possono scolarizza­re i bambini nelle scuole pubbliche. È anche sintomatic­o il tipo di appoggio internazio­nale che sta riscuotend­o il secessioni­smo, da Nicolás Maduro a Nigel Farage. Non sembrano garanti del miglior livello.

Cosa ci riserva il futuro? Il re Filippo VI, in un messaggio fermo e deciso, ha fatto un doppio appello: al ripristino dell’ordine costituzio­nale e alla concordia tra gli spagnoli. Il presidente Rajoy ha ribadito la sua disponibil­ità a dialogare e a trattare, nel rispetto della legge. Sarà arduo se i secessioni­sti continuera­nno a costruire una realtà parallela fatta di menzogne ed esagerazio­ni, e se continuera­nno a creare fratture tra i catalani, incoraggia­ndo i loro sostenitor­i a denunciare chi non segue il credo nazionalis­ta. Sarà difficile, ma la Spagna è una democrazia solida e, come dicono qui in Italia, «ce la faremo».

L’obbligo di scegliere Da legittima aspirazion­e di una minoranza, l’indipenden­tismo si è trasformat­o in imposizion­e alla maggioranz­a catalana: da diritto a «obbligo» di decidere

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