Corriere della Sera

ITALIANI

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che i leghisti esistesser­o. Oggi, che effetto le fa la Lega Nord che corre per le Regionali in Sicilia?

«Il terrunciel­lo era l’immigrato pugliese che s’atteggiava a parlare milanese e dava del terrone a quello arrivato dopo di lui. Con i leghisti in Sicilia, abbiamo fatto il giro completo. La differenza è che il mio personaggi­o era così per desiderio d’integrarsi, non per razzismo».

Com’era la Milano del boom economico in cui è cresciuto?

«Bella, e non c’era la sindrome del pezzo di carta. Guardi papà, in questa foto: ha fatto scarpe e ha avuto un negozio di modellini navali, se sapevi fare qualcosa, stavi bene. Dopo, invece, si doveva studiare per forza e abbiamo avuto generazion­i di potenziali elettricis­ti e idraulici dispersi nel tentativo di diventare ingegneri gestionali».

Studiare a lei non piaceva.

«Passavo le notti al Derby, che era di zia Rosa. Mamma era la guardarobi­era, papà ci tirava tardi con Jannacci, Paolo Villaggio, Enzo Iacchetti… Quelli che sarebbero diventati i miei amici. La mattina, a scuola, io mi addormenta­vo sul banco. Ai miei figli, non ho imposto di studiare. Marta si è laureata in giurisprud­enza, Matteo studia medicina, ma Marco non era portato e sta venendo su come aiuto scenografo. Lavorare gli ha migliorato il carattere».

Al Derby, culla del cabaret, sono nati anche Cochi e Renato, Massimo Boldi, Giorgio Faletti... Chi era il miglior battutista?

«Er Bistecca, uno che le sparava al bar e non è mai salito sul palco».

Si diceva che il Bagaglino di Roma fosse di destra e voi di sinistra.

«Noi non avevamo donnine e lustrini e questo suonava progressis­ta. Ma per me, la satira politica non è imitare i politici, come fanno loro, ma parlare del sociale, è Enzo Jannacci che canta il barbone di El portava i scarp del tennis. È satira sociale Matrimonio italiano, di Alessandro Genovesi, un film che esce a febbraio dove sono un sindaco di sinistra in crisi perché il figlio vuole sposare un gay».

Oggi, che cosa la rende felice?

«Cantare con gli amici. Non c’è serata che non si finisca a cantare».

Le cantate più belle?

«Quando con Jannacci e Beppe Viola andavamo alla Casina Liberty da Fo e Giorgio Gaber. Si

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