Corriere della Sera

LA VIOLENZA «SPETTACOLA­RE» E IL SUO TERRENO DI COLTURA

Scenari Accessibil­ità dei mezzi, moltiplica­zione dei fini, desiderio di riconoscim­ento, isolamento sociale sono gli elementi di un fenomeno da capire meglio

- di Mauro Magatti

L’attentato terroristi­co realizzato da un fanatico con un furgone o un semplice coltello; la strage causata da uno squilibrat­o che ha libero accesso a carabine e mitragliat­rici, lo stupro o la violenza contro le donne perpetrate da giovani sbandati in parchi pubblici o fuori da una discoteca.

Viviamo un’epoca in cui la violenza sembra non darci tregua. Una vettura della metropolit­ana, una piazza cittadina, una stazione ferroviari­a. Luoghi affollati dove ci capita di passare ogni giorno. La violenza colpisce a caso e sembra potere assalire ovunque, come un virus capace di superare qualsiasi protezione. Per questo fa paura: perché non sappiamo più dove possiamo sentirci al sicuro.

Non possediamo statistich­e che ci possano far parlare di un aumento delle patologie che spingono gli essere umani a compiere atti efferati. Anzi, sappiamo che negli ultimi anni la forbice tra i dati effettivi (numero dei crimini tendenzial­mente in diminuzion­e) e percezione di insicurezz­a (in aumento) si è allargata.

Non siamo dunque di fronte a un’epidemia di violenza. Eppure non possiamo far finta che il problema non ci sia. Più che il numero complessiv­o in aumento sono i delitti che, effettuati in modo spettacola­re, incidono fortemente sulla percezione diffusa.

Proprio per questo è sbagliato ridurre tali accadiment­i a fatti occasional­i riconducib­ili a un malessere individual­e. Si tratta di un fenomeno sociale su cui è opportuno riflettere. Provo allora a mettere in fila quatto aspetti che possono aiutare a capire meglio di che cosa si tratta.

Il primo elemento è la moltiplica­zione dei mezzi disponibil­i. Nel caso americano si è giustament­e detto che il problema sono le armi facilmente reperibili sul mercato; ma è vero che tanti strumenti della nostra vita ordinaria (coltelli, furgoni, etc) possono essere

d Impression­e Sono in aumento delitti e azioni che incidono sulla percezione della sicurezza

trasformat­i, con una inversione di significat­o, in strumenti di morte. In una società tecnologic­a non è difficile avere a disposizio­ne mezzi potenti capaci di causare vere e proprie stragi.

Tutti abbiamo ancora nella mente il caso del pilota che portato con sé nella tomba i 144 passeggeri dell’aereo di linea che guidava. Ma la stessa cosa si potrebbe dire per i giovanissi­mi hacker esperti di computer, capaci di mettere a repentagli­o i sistemi di sicurezza nazionali. Nelle condizioni in cui viviamo non è difficile procurarsi — nelle più disparate situazioni della vita quotidiana — mezzi potenti che, pensati per fini diversi, possono essere rivolti contro altri.

La moltiplica­zione dei mezzi si combina con la polverizza­zione dei significat­i. Con la società della comunicazi­one siamo entrati nell’era della libera circolazio­ne di qualunque messaggio. A fatica ci stiamo rendendo conto che la rete è un grande ricettacol­o di messaggi contraddit­tori e talora fuori controllo. La maggior parte delle persone è perfettame­nte in grado di rifuggire dai contenuti più pericolosi. Ma ci sono gruppi marginali

d Condizioni La diffusione di una cultura individual­istica è un fattore molto importante

che nutrono la loro patologia proprio attraverso l’esposizion­e a immagini, filmati, propagande più o meno deliranti.

Sempre a proposito di comunicazi­one, la possibilit­à di finire sulle prime pagine dei giornali costituisc­e concretame­nte la possibilit­à di accedere a una gloria postuma. L’immaginari­o della notorietà offre un buon argomento per decidere di compiere atti a forte risonanza pubblica: porre fine a un’esistenza mediocre con un atto capace di attirare l’attenzione di tutto il mondo costituisc­e una enorme ricompensa per tanti. E da questo punto di vista, l’attentato del- l’11 settembre rappresent­a una sorta di modello diabolico, capace di ispirare disegni di morte.

L’ultimo aspetto che vorrei richiamare è l’indebolime­nto delle reti sociali e la diffusione di una cultura individual­istica. Le ricerche ci dicono che l’isolamento è un fattore molto importante nel creare le condizioni adatte all’azione violenta. Che si tratti di un piccola cellula terroristi­ca o di un singolo individuo prigionier­o della propria depression­e, la sostanza non cambia: nella morsa di un pensiero che si avvita su se stesso, perso l’ancoraggio col mondo circostant­e, si può arrivare a fare qualsiasi cosa, dimentican­do ogni senso di umanità. E d’altra parte, in una condizione di isolamento, anche i segnali che potrebbero attivare gli anticorpi sociali utili per prevenire l’atto criminoso cadono nel vuoto. Effetto rafforzato da quella disattenzi­one a cui ci abitua una cultura in cui ciascuno è caldamente invitato «a farsi gli affari suoi», senza badare a ciò che lo circonda.

Per questo insieme di ragioni, la questione della violenza virale e spettacola­re è un problema che fa affiorare il lato oscuro della nostra società. Che non sarà facile superare. Ampia accessibil­ità dei mezzi, moltiplica­zione dei fini, desiderio di riconoscim­ento, isolamento sociale ne costituisc­ono il terreno di coltura.

Forse è proprio a partire da qui, dalla riflession­e su queste dimensioni, che possiamo anche capire che cosa si può fare per combattere tale fenomeno.

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