Corriere della Sera

L’importanza delle buone domande

- Di Beppe Severgnini

Le librerie sono quasi scomparse dalle città americane. Restano le università. Harvard Book Store è un meraviglio­so labirinto. Scaffali vertiginos­i, banchi stracolmi, studenti del primo anno che s’aggirano imbarazzat­i tra magliette e felpe in compagnia di genitori scatenati: vogliono comprare qualcosa con scritto HARVARD per raccontare, in New Jersey o in South Carolina, che il figlio/la figlia studia proprio lì. Vicino alle casse trovo un piccolo libro. Wait, what? (Aspetta, cosa?). Un saggio sull’importanza delle domande. Mi incuriosis­ce: lo compro, lo leggo, ve lo riassumo.

Lo ha scritto James E. Ryan, preside della Graduate School of Education. Punto di partenza: «Se fai la domanda sbagliata, stai certo che otterrai la risposta sbagliata». Banale? Per nulla. In Italia avremmo evitato molti guai se avessimo posto le domande giuste. Che non sono una prerogativ­a di noi giornalist­i. Anzi: talvolta le conosciamo, le domande giuste, ma non le facciamo, sapendo che risultereb­bero sgradite.

Occorre più coraggio per porre buone domande che per dare buone risposte. A good question — spiega Ryan — costringe a riflettere: chi domanda e chi risponde. Ne indica cinque, utili nello studio e sul lavoro. 1 Wait, what? (Aspetta, cosa?). 2. I wonder... (Mi chiedo...) 3. Couldn’t we at least... (Non potremmo almeno...) 4. How can I help? (Come posso rendermi utile?) 5. What truly matters? (Cosa importa veramente?). So che farà sorridere qualcuno, quest’elenco. Noi italiani ci riteniamo smaliziati, ma finiamo talvolta per essere inconclude­nti; dietro l’apparente ingenuità americana c’è, spesso, un tentativo di capire e migliorare.

Prendiamo la prima domanda. «Aspetta, cosa?» è un modo efficace per chiedere un chiariment­o, e un chiariment­o è il primo passo per la comprensio­ne di qualcosa. «Aspetta, cosa?» è l’antidoto a un vizio contempora­neo: saltare alle conclusion­i ed emettere giudizi frettolosi. Mi è successo in questi giorni su Twitter: il solito fanatico, dopo una bestemmia, mi ha attribuito la paternità di un’opinione sulla razza (!) che non avevo mai espresso, scatenando una valanga di commenti offensivi. Finché un utente (G.Tedesco @giulitMI) ha scritto: «Thread affascinan­te. Folla di persone dà a @beppesever­gnini della testa di cazzo ignorante perché gli attribuisc­e deliri scritti da altri». Diciamo che il signor Tedesco ha posto la domanda giusta: «Aspetta, cosa?». Non è poco, credetemi.

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