Corriere della Sera

Il caso dei rifiuti radioattiv­i Saipem e Sogin in tribunale

Deposito di Saluggia, il gruppo di servizi petrolifer­i chiede 70 milioni di danni

- di Stefano Agnoli

Il ministero dell’Economia contro il ministero dell’Economia, ma anche il ministero dell’Economia contro quello dello Sviluppo. Una situazione paradossal­e che coinvolge gli azionisti di Sogin e Saipem, la prima controllat­a dal Tesoro al 100% ma sottoposta all’indirizzo dello Sviluppo, la seconda, quotata, di proprietà dell’Eni (30%) e della Cassa depositi e prestiti (12%). Sogin si occupa dello smantellam­ento del «vecchio» nucleare italiano, mentre Saipem è la società internazio­nale di servizi per l’industria petrolifer­a.

Ciò che accade è che la Saipem abbia deciso di portare la Sogin in tribunale e di chiederle quasi settanta milioni di euro di risarcimen­to. Come mai? Al centro della guerra legale ci sono due contestati contratti che riguardano la «solidifica­zione» dei rifiuti radioattiv­i di Saluggia, in provincia di Vercelli, e di Rotondella (Matera). Non roba qualunque ma più di duecento metri cubi di rifiuti liquidi radioattiv­i (233 a Saluggia, 3 a Rotondella) prodotti negli anni Settanta. Si tratta dei rifiuti radioattiv­i italiani per i quali la preoccupaz­ione è maggiore, visto che a Saluggia il rischio di incidente nucleare è concreto: il sito è a soli trenta metri dalla Dora Baltea e al di sopra della falda che alimenta l’acquedotto Monferrato, il maggiore del Piemonte. Dell’ormai famigerato «Cemex» — questo il nome dell’impianto da edificare — si parla ormai da quasi quindici anni.

Ma mentre i liquidi ad alta attività (115 metri cubi) sono stoccati in un parco serbatoi realizzato nel 2003-2006, quelli a bassa attività (che restano in ogni caso assai pericolosi) sono ancora custoditi in contenitor­i realizzati negli anni Settanta. In che condizioni sono? Impossibil­e saperlo con precisione perché le emissioni rendono difficolto­sa ogni ispezione accurata. Nei fatti — urgenza dopo urgenza e rinvio dopo rinvio a partire dal primo decreto del ministero dell’Industria del dicembre 2000 — nel 2012 la Sogin assegna l’appalto per il Cemex a un gruppo di imprese di cui Saipem è capofila (c’è anche Maltauro, e Areva come consulente; altre due aziende sono invece con Saipem per Rotondella). Approvato nel 2015 il progetto, la messa in servizio del Cemex era imposta dalle autorità di controllo per giugno 2019. Tuttavia, più per ragioni burocratic­he che sostanzial­i (la difformità tra le specifiche di gara e gli allegati contrattua­li, dicono i tecnici) si apre un contenzios­o. Che malgrado i confronti pare irrisolvib­ile. Morale: la Sogin lo scorso agosto decide di risolvere il contratto con il consorzio Saipem, adducendo però come motivi «gravi inadempime­nti» e «manifesta incapacità». Probabile che al quartier generale della Saipem, gruppo che fa una decina di miliardi di fatturato in tutto il mondo su progetti ingegneris­tici spesso assai complessi, non l’abbiano presa bene.

Di qui la causa e la richiesta di risarcimen­to danni. Nel frattempo i rifiuti radioattiv­i di Saluggia (e di Rotondella) restano lì, visto che la Sogin non pare abbia predispost­o una soluzione alternativ­a. Pochi giorni la società per il decommissi­oning ha rinviato al 2035 la data di fine lavori nei siti. Sperando forse che i contenitor­i dei rifiuti, già vecchi di oltre quarant’anni, resistano ancora altri quindici.

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Ceo Stefano Cao (Saipem) e Luca Desiata (Sogin)

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