«Inaccettabile»: i sindacati bocciano il piano Ilva
Le reazioni agli esuberi. Le stime per chi resta: 7 mila euro in meno. Il governo: nessuno senza tutele
Domani inizia sul futuro dell’Ilva di Taranto una delicatissima trattativa al ministero dello Sviluppo economico: al tavolo siedono, di fronte al viceministro, Teresa Bellanova, la nuova proprietà e i sindacati che hanno indetto il terzo sciopero di 24 ore in pochi mesi dopo i 4 mila esuberi annunciati dai nuovi padroni su 14 mila e 200 lavoratori.
Il gruppo siderurgico, ora in amministrazione straordinaria, è stato acquistato dalla società «Am Investco Italy», formata da ArcelorMittal e Marcegaglia: i sindacati sono pronti a fare le barricate. Non solo a parole: dopo l’incontro di domani «rifaremo un consiglio di fabbrica a Taranto e lì decideremo che cosa fare in termini di manifestazioni o mobilitazioni — dice senza giri di parole Valerio D’Alò, segretario tarantino della Fim Cisl —. Sappiano che noi non rimarremo con le mani in mano». E inevitabilmente sale la tensione a Taranto: un audio anonimo inviato su gruppi WhatsApp — e acquisito dalle forze dell’ordine — annuncia addirittura il blocco, tra qualche giorno, della città per la protesta degli operai Ilva» e invita i residenti a «fare scorte di latte, pane e pasta».
Intanto la nuova proprietà ha detto che dei 4.200 esuberi, 3.300 sono a Taranto. E per chi rimarrà assunzione ex novo: quindi i contratti saranno basati sul Jobs act (senza l’articolo 18). Sul fronte sindacale, però, qualcuno ha fatto i conti e sembra che con l’applicazione dei minimi tabellari dei metalmeccanici e l’addio agli istituti contrattuali (premio di produzione e di risultato), la busta paga rischia di essere tagliata di circa 6-7 mila euro l’anno. Condizioni «non accettabili» per Maurizio Landini, ex leader della Fiom Cgil. Parole condivise da Carmelo Barbagallo, segretario nazionale della Uil, che aggiunge: «La riduzione degli organici è insostenibile dal punto di vista sociale ed economico». E Paolo Capone, leader dell’Ugl, aggiunge: «Serve chiarezza sul progetto industriale: questo ridimensionamento degli organici va a minare le capacità produttive del Paese». Non la pensa così il viceministro Bellanova: «Nessun lavoratore rimarrà senza tutele - ribadisce -. Inoltre la retribuzione media a lavoratore sarà di 50 mila euro l’anno. E ci sarà la copertura della cassa integrazione per chi rimane in amministrazione straordinaria». Inoltre «i commissari possono fare ricorso a questi lavoratori per il ripristino ambientale entro il 2023, come prevede il piano osserva Bellanova -. Alla fine del percorso l’obiettivo è superare i 6 milioni di tonnellate di acciaio da produrre».