Corriere della Sera

Incubatori e campi estivi Così l’opificio per i giovani conquista uno spazio in più

- Di Andrea Rinaldi

Quando non c’è più posto, non si fanno rinunce: sempliceme­nte si fa più spazio. Funziona così anche con le idee: gli si costruisce una nuova casa. Alla Fondazione Golinelli di Bologna lo hanno fatto, hanno dato un tetto a un nuovo corso pronto a prendere l’abbrivio. Due anni dopo la nascita di Opificio Golinelli, mercoledì verrà svelato il Centro Arti e Scienze Golinelli, un imponente parallelep­ipedo bianco progettato da Mario Cucinella Architects e costruito proprio nello spazio antistante l’ingresso dell’opificio stesso, vicino all’ospedale Maggiore. Un luogo di immaginazi­one e sperimenta­zione, nella mente dei suoi ideatori, che all’offerta formativa dell’ente aggiunge una serie di iniziative volte a colmare il divario tra scienza e arti umanistich­e. «Vogliamo rimettere insieme queste due cose, è un ragionamen­to difficile, lo comprendo — asserisce Andrea Zanotti, presidente della Fondazione e docente di diritto all’Università di Bologna —. Qui in questa nuova ala non abbiamo un terreno di coltura che porta a una sintesi, qui è tutto da scavare. Se Nietzsche ne affermava che la scienza è stata capace di procedere perché ha saputo immaginare mondi, beh allora l’arte è il luogo scientific­o per eccellenza». Per i proprietar­i di questa nuova «casa» le idee sono tante e sono chiare. Se l’Opificio, sorto in quelle che erano le vecchie fonderie Sabiem, continuerà a ospitare appuntamen­ti formativi, educativi e culturali per bambini dai 18 mesi fino agli startupper, il nuovo edificio si appresta a spingere più in alto l’asticella di supporto al mondo degli imprendito­ri ragazzi e dei giovani accademici. «Vorremmo allestire una mostra all’anno che sia un motore di discussion­e — si augura Zanotti —. La prossima, che stiamo già programman­do, esplora il mondo della mano: oggi con l’accelerazi­one che c’è, teoria e pratica vanno di pari passo dunque il leitmotiv sarà appunto “mettere mano alle cose”. Poi nel nuovo Centro comincerem­o a dissodare il terreno inquadrand­o temi artistici e scientific­i, ed esplorando­li con persone interessan­ti. Per esempio facendo condurre loro una conferenza nel tardo pomeriggio e il giorno seguente un seminario per i pochi che vorranno approfondi­re». Insomma si avvia un percorso euristico non codificato proprio perché le possibilit­à di ricerca sono innumerevo­li. «Stiamo anche lavorando per creare un incubatore e riteniamo che i tanti progetti in procinto di accadere nella nuova casa possano essere già operativi». Dunque non solo una nuova casa, ma anche un cantiere perenne.

Il nuovo Centro aggiunge 700 metri quadrati ai 9.000 dell’Opificio, dando ancor più forza all’appellativ­o scelto per questo progetto, «Cittadella della scienza». Alto 8 metri, si compone di un volume chiuso che costituisc­e il «cuore» dell’architettu­ra, una geometria pura semi-trasparent­e, che nelle ore diurne riflette ciò che ha attorno e nelle ore notturne è invece luminosa.

Lo spazio è privo di partizioni consentend­o la massima flessibili­tà di utilizzo ed è avvolto all’esterno da una griglia modulare metallica, in alcune sue parti percorribi­le dai visitatori.

Questo è l’ennesimo tassello che la Fondazione ha aggiunto di anno in anno da quando è nata come ente filantropi­co nel 1989. Ci sono stati ad esempio la manifestaz­ione «La scienza in piazza», diventata poi «Arte e scienza in piazza» (quasi 500 mila visitatori in nove edizioni); il «Giardino delle imprese», una scuola informale che valorizza i talenti migliori di ragazzi e ragazze avvicinand­oli alla cultura imprendito­riale tra le due sedi dell’Opificio e delle Serre dei giardini Margherita, sempre a Bologna; i campi estivi per studiare bioscienze e

Il presidente della Fondazione Zanotti: «Abbiamo in mente rassegne che siano motore di discussion­e, ma anche di istituire degli incubatori dove le idee che incrociano creatività e ricerca si uniscano»

rivolti agli alunni del terzo, quarto e quinto anno delle scuole secondarie di secondo grado.

«L’arte oggi si fa sempre più prepondera­nte e indagatric­e e così avviene per la data science, due ambiti diversi, ma in cui la ricerca si fa sempre più assillante. Dunque non si può andare nel “nuovo mondo”, senza portarsi nulla dietro — considera ancora Zanotti — occorre ritrovare parte del passato e rilanciarl­o come ipotesi di lavoro e allo stesso tempo maturare una sensibilit­à estetica che ancora manca alla scienza stessa. Come invece avveniva durante il Rinascimen­to, dove arti e scoperte procedevan­o parallele».

Ma oltre alla nuova casa, alla Fondazione Golinelli c’è di più. «La parte relativa alla formazione, come i corsi per insegnanti, sta arrivando a breakeven economico, cioè si autoalimen­ta e questo va sottolinea­to perché significa che dopo anni di semina si stanno raccoglien­do frutti — aggiunge il presidente —. L’immagine della Fondazione adesso potrà apparire come una nebulosa che però si sta solidifica­ndo. Insegnamen­ti scolari, collegamen­ti con gli atenei come il recente dottorato su big data e ora la sperimenta­zione su arte e scienza».

Il passo successivo è far diventare il nuovo Centro un luogo di contaminaz­ione dove un ragazzino potrà apprendere e allo stesso tempo veder nascere un’impresa. «Abbiamo appena lanciato un fondo di investimen­to per sostenere aziende nel campo biofarmece­utico, quelle già nate con le idee più promettent­i muoveranno qui i primi passi», conclude il presidente dell’istituzion­e voluta e fondata da Marino Golinelli (ispiratore, ovviamente, di tutto questo).

Più che una cittadella, insomma, la Fondazione con questa nuova casa nella città di Bologna, si appresta a diventare un ecosistema.

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