Passioni e spiritualità nel «Re Ruggero» di Pappano
Strana la musica di Karol Szymanowski, che mentre denuncia varie influenze Debussy, Skrjabin, Strauss e Liszt su tutti — mantiene un grado di originalità davvero unico, che la rende fascinosa e ammaliante. Strano (e bello) anche il suo Re Ruggero, opera dal sapore di sacra rappresentazione che fonde spiritualità ed erotismo in un modo che è proprio di quegli artisti colti e raffinati che vivono in prima persona il conflitto tra l’essere al contempo omosessuali e profondamente religiosi. A Santa Cecilia quest’anno l’esecuzione di Re Ruggero è materia del concerto inaugurale. La scelta, certo non ovvia, proviene dall’amore di Antonio Pappano per questo titolo raro che già diresse a Londra nel 2015 e dirigerà alla Scala nel 2021. Bene così, anche perché questo amore Pappano lo traduce in uno slancio esecutivo di tale portata da generare la piena adesione emotiva di coro e orchestra. Il pubblico si trova così investito da un suono lussureggiante, che alterna intensità drammatica e sensualità in un modo che induce persino al turbamento, anche se la vertiginosa temperatura espressiva si stempera in attimi di distaccata, salutare, modernissima ironia. Eccezionale peraltro l’apporto dei 4 interpreti principali, con lo stile ineccepibile di Lukasz Golinski nei panni di Ruggero, re normanno di Sicilia, e l’ammaliante Lauren Fagan in quelli della sposa Rossana. Trattandosi della stagione sinfonica di Santa Cecilia, l’opera è eseguita in forma di concerto ma sullo sfondo è proiettato un video del duo Masbedo che non ha l’ambizione di sostituirsi alla messinscena mancante ma offre una sorta di narrazione simbolica della vicenda. Vorrebbe non essere didascalico ma non ci riesce del tutto. Soprattutto, sottrae qualcosa al potere immaginifico della visionaria partitura del compositore polacco. Perciò divide un po’ la platea, che è unanime invece nel tributare al fenomenale Pappano e ai musicisti il massimo consenso. Si replica domani alle 20.30.