Porcellini: «Non sono un dopatore. Filippo una persona corretta, è completamente estraneo ai fatti»
Filippo Magnini è tranquillo e aspetta di raccontare presto la sua versione alla procura antidoping: è convinto di potere dimostrare la sua innocenza e chiudere una storia che rischia di infangare anni di gloriosa carriera e di impegno internazionale come testimonial del progetto «I am doping free». Nel frattempo incassa la solidarietà via Twitter del sindaco di Pesaro, Matteo Ricci («Forza Filo Magnini, persona onesta, seria e trasparente. Pesaro è con te»), e continua la sua nuova vita post Mondiale, quello in cui aveva annunciato propositi di ritiro: «Sono stanco, e non solo fisicamente, per tutti i problemi personali che in quest’anno si sono fatti sentire», aveva detto in quella nefasta trasferta ungherese di agosto. Si riferiva ai flop in vasca, alla fine della storia con Federica Pellegrini e anche al suo coinvolgimento nell’affaire Porcellini: «Certe accuse di doping, proprio a me che l’ho sempre combattuto... Pazzesco. Erano accuse false, certo, ma in piscina mi hanno distratto».
Il ritiro, di fatto, non è ancora avvenuto. L’ex Re Magno racconta di volersi limitare a gare nazionali in vasca corta e ha ripreso ad allenarsi da solo nella piscina dell’Aniene a Roma, dove si è trasferito la scorsa primavera quando si è conclusa — suo malgrado — la collaborazione al Centro federale di Verona con Matteo Giunta, suo cugino e allenatore anche di Federica Pellegrini. Proprio il tecnico a Budapest aveva indicato la separazione tecnica fra i due ex fidanzati ad aprile come una delle chiavi psicologiche del trionfo di Fede nei 200 stile mondiali, e anche questo a Filippo non è andato giù, tanto che oggi i rapporti con Giunta sono ormai inesistenti.
Porcellini, intanto, come già aveva fatto a giugno quando era stato aperto il procedimento penale, continua a scagionare Magnini e lo ha ribadito ancora ieri attraverso il suo avvocato Francesco Manetti: «Devo ribadire la totale e completa estraneità di Filippo Magnini e di altri atleti dall’inchiesta pesarese». Nell’inchiesta pesarese, sostiene il legale del medico, «non è mai stata reperita né una prescrizione illecita né una sostanza ricollegabile a una pratica dopante di atleti professionisti, e siamo fiduciosi che il processo accerterà la realtà dei fatti e restituirà onorabilità ai miei assistiti». Il legale parla di Antonio De Grandis, collaboratore di Porcellini anch’egli indagato, e lo definisce «un amico personale del dottore, non ricopre alcuna carica in nessuna società o associazione sportiva, esercita l’attività di fonico : immaginarlo dopatore di atleti è una cosa che non ha attinenza con la realtà». Infine, su Magnini osserva che «la sua unica funzione processuale sarà, eventualmente, quella di teste a discarico della difesa, vista la sua correttezza e specchiata reputazione».
Resta tuttavia chiara la differenza fra il versante penale e quello sportivo e non è detto che essere scagionati nel primo comporti lo stesso destino nel secondo, dove i criteri sono assai differenti e più sfavorevoli all’indagato. La battaglia si giocherà quasi certamente tutta sulla pralmorelina, lo stimolante dell’ormone della crescita che Porcellini ordinava via Internet in Cina: se Magnini dimostrerà di non essere stato uno dei destinatari delle fiale sequestrate all’aeroporto di Malpensa, potrebbe cavarsela.