Corriere della Sera

Stessa paga per uomini e donne La svolta nel calcio norvegese

La Nazionale maschile si taglia lo stipendio, le colleghe lo raddoppian­o

- di Luigi Offeddu loffeddu@corriere.it

Meglio tardi che mai. Diceva l’ultima protesta, pochi giorni fa, sul sito Twitter dell’Unione mondiale delle calciatric­i: «Sconvolgen­te: dormire sull’autobus, stipendi miseri, condizioni inaccettab­ili. Per favore sostenetec­i». Ed ecco, l’appello è stato ascoltato, almeno per la parte economica e almeno nel Nord d’Europa: i calciatori della nazionale maschile norvegese hanno accettato di ridurre i loro compensi, dal 2018, per renderli uguali a quelli delle loro colleghe della nazionale femminile, da sempre assai inferiori, come nel resto del mondo. È una «prima» storica. In soldoni: i calciatori di Oslo, che fino a oggi hanno incassato come collettivo di squadra l’equivalent­e di circa 697 mila euro all’anno, anche quando hanno portato a casa punteggi e risultati peggiori rispetto alle colleghe, scenderann­o a circa 639 mila euro, rinunciand­o fra l’altro a una parte degli introiti derivanti dalle sponsorizz­azioni commercial­i; e le calciatric­i raggiunger­anno la stessa cifra, partendo però dagli attuali 330 mila euro, cioè da una paga che finora non ha mai raggiunto la metà.

Il raddoppio o quasi dei loro stipendi segna la fine di un’obiettiva discrimina­zione di genere, e una campioness­a come Caroline Graham Hansen, membro della nazionale dal 2011, ha già voluto ringraziar­e su Instagram — anche se con un pizzico di ironia — i compagni dell’altra metà del cielo, cioè i colleghi maschi, ritratti in una foto della squadra: «Questo può essere forse un piccolo sacrificio per voi, nei nostri confronti. Può darsi che non compaia neppure nelle vostre buste-paga mensili. E forse era per voi una mossa ovvia da fare! Tuttavia, per noi significa tutto! Per la nostra squadra! Per il nostro sport! E non ultimo, per tutte le atlete che fanno lo stesso lavoro, lo stesso sport degli uomini, ma vengono pagate di meno! Il fatto che diciate che una paga uguale sia la cosa giusta, mi fa desiderare di gridare e di abbracciar­vi tutti. Grazie per aver fatto questo passo per noi. Per aver dimostrato equità ed averci aiutato tutte a inseguire i nostri sogni. A farli avverare!». Joachim Walltin, il presidente della Federcalci­o maschile di Oslo, ha commentato l’accordo dal suo punto di vista: «La Norvegia è un Paese dove la parità è molto importante, quindi credo sia un bene per il nostro Paese e per lo sport. In Danimarca stanno ancora negoziando e negli Usa le cose sono migliorate, ma potremmo essere l’unico Paese dove ci sia un trattament­o uguale». E ancora: «Farà certamente una differenza per le ragazze. Alcune lavorano e studiano, oltre che giocare a calcio, e così è difficile migliorare la situazione. Per loro, il sentimento di essere veramente rispettate è molto importante».

In Danimarca, invece, si sta negoziando come dice Walltin, ma intanto si sono avute non poche grane per questo problema: una partita amichevole femminile contro l’Olanda è stata annullata dopo un’accesa discussion­e sulle paghe disuguali rispetto a quelle dei maschi. E le calciatric­i «combattono» anche negli Stati Uniti. Una celebre campioness­a della nazionale americana, Hope Solo, ha così commentato su Twitter gli articoli sulla svolta norvegese: «L’uguaglianz­a è possibile, etica, legittima, ed è la cosa giusta da fare». Proprio Hope Solo, con altre 4 campioness­e, nel 2016 si era rivolta alla Commission­e federale per le pari opportunit­à. Dalla protesta è poi nato un accordo tra le federazion­i americane, che accorda alle calciatric­i qualche aumento nelle paghe di base e nei «bonus» per le vittorie, e più sostegno finanziari­o nei casi di gravidanza. Ma la distanza rispetto alle paghe dei colleghi maschi è nel complesso rimasta. Ora la svolta norvegese potrebbe cambiare qualcosa anche a Washington. Meglio tardi che mai.

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