Ragazzino iracheno muore in ospedale: «Non è stato accolto»
Bolzano, in Italia con i suoi da 10 giorni. Disabile, era caduto dalla carrozzina. Le accuse delle associazioni
Adan aveva tredici anni. E una vita sfortunata. Malato di distrofia muscolare, costretto su una sedia a rotelle, da due anni, da quando aveva lasciato Kirkuk in Iraq, ha vagato per l’Europa con i genitori e i fratellini in cerca di accoglienza. Adan è morto nella notte tra sabato e domenica in ospedale a Bolzano, dove era stato ricoverato venerdì pomeriggio. Era appena uscito con la famiglia dalla Questura, dove finalmente avevano potuto formalizzare la richiesta di protezione internazionale. Si dirigevano verso la Caritas quando Adan è caduto dalla carrozzina, è stato ricoverato, ingessato a entrambi gli arti inferiori. La sera di sabato la febbre è salita, era in atto un’infezione, i medici non hanno avuto il tempo di fermarla.
Sono stati i volontari dell’associazione Sos Bozen e del gruppo Antenne Migranti, che assistono la famiglia irachena sin dal primo ottobre, da quando è arrivata in Italia, a dare notizia della morte del ragazzo e a ricostruire l’incredibile calvario, soprattutto le infinite difficoltà incontrate negli ultimi dieci giorni.
Adan, con i genitori e i fratellini che adesso hanno 6, 10 e 12 anni, era arrivato in Svezia nel 2015. Due anni di attesa per la risposta sulla richiesta di protezione internazionale, arrivata lo scorso settembre. Negativa. Rischiavano il rimpatrio coatto, così si sono messi in treno e sono scesi a Bolzano. La prima notte hanno dormito sotto un ponte, il giorno dopo hanno contattato la Caritas, «che ha segnalato e sollecitato — denunciano ora le associazioni — per iscritto e per via orale le istituzioni (servizi sociali: Servizio integrazione sociale, Commissariato del governo, Provincia) sulla situazione della famiglia. Dalle stesse è pervenuta risposta che la famiglia, in ragione della circolare Critelli (disposizione provinciale che limita l’accoglienza delle persone vulnerabili, ndr), non poteva ricevere ospitalità».
Nel frattempo il padre ottiene l’appuntamento in Questura, una prima volta fissato per l’11 novembre. Adan soffre di problemi respiratori, viene ricoverato e poi dimesso sembra con la contrarietà del pediatra. La famiglia passa le giornate nel parco della stazione, la notte a volte le associazioni riescono a trovare una stanza d’albergo, oppure dormono sul pavimento della chiesa evangelica. Fino al tragico epilogo. «Le responsabilità sono ancora tutte da accertare — osservano Sos Bozen e Antenne Migranti —. Per il momento sappiamo che la famiglia è ancora sola».