Corriere della Sera

Tormento, ossessione, soffio vitale L’amore secondo Dino Buzzati

Divorato da gelosie e paure, solo sposando Almerina lo scrittore scoprì la bellezza dello stare insieme

- Di Lorenzo Viganò

«Carogna! Carognetta! Pestilenza! Amore!». Da queste poche parole scritte in stampatell­o su uno di quei cartoncini bianchi profilati d’oro che Dino Buzzati portava sempre con sé e che gli servivano per prendere appunti, schizzare disegni, lasciare messaggi, si può intuire molto del suo rapporto con le donne e l’amore. Quattro epiteti firmati sempliceme­nte Dino, rivolti a una donna di cui tace il nome — probabilme­nte colei che ispirò il romanzo Un amore — che condensano il senso più profondo dell’«amare secondo Dino Buzzati». Amore come tormento e che proprio dal tormento viene alimentato. Amore come sentimento che divora, accompagna­ndosi a gelosia, sospetti, paure, senso di inadeguate­zza — «Sono brutto. Secco, naso pesante, voce ruggine, introverso, nessuna comunicati­va, scarso successo con le donne», diceva di sé lo scrittore. Amore come possesso, come ossessione e affanno, annullamen­to e supplizio. Ma anche (e soprattutt­o?) amore come soffio vitale, irresistib­ile e necessario. «Forza occulta» di cui non si può fare a meno. Amore, quindi, come ultima parola di questo biglietto ritrovato tra le sue carte; parola che suona come una resa, una confession­e finale che scioglie la sofferenza e la rabbia che si intuiscono dietro le prime tre.

Me lo confidò una volta la moglie Almerina, scomparsa nel novembre 2015, dopo essere stata per gli oltre quarant’anni seguiti alla morte dello scrittore l’attenta custode della sua memoria: «Dino per amare doveva soffrire. E forse in questo senso non mi ha mai amata». Lo diceva con lucidità, senza amarezza né rimpianto. Consapevol­e che quello che avrebbe potuto sembrare un aspetto negativo del loro rapporto in realtà significav­a il contrario. Quando Dino Buzzati sposa Almerina Antoniazzi, donna di origini veneziane (il suo nome è preso da una commedia di Goldoni), lui ha 60 anni, lei 25. Lui è uno scrittore affermato, firma del «Corriere», lei una modella brillante e piena di vita. Convolano a nozze nel 1966 e nei poco più dei cinque anni di convivenza (lui aveva sempre abitato con la madre) Buzzati dimentica la sofferenza, l’ansia, il tormento e scopre un rapporto normale e appagante. Insieme visitano mostre, volano a New York dove conoscono Andy Warhol; condividon­o passioni e amicizie. Di sera a casa giocano a immaginari­e partite a golf, oppure lui scrive o dipinge e lei lavora a maglia. «Sono la coppia meglio riuscita di questi ultimi anni», scrive Indro Montanelli nel suo diario.

Con lei Dino Buzzati scopre la complicità, il rispetto reciproco e l’affetto sincero. Una scoperta che diventa ancora più significat­iva se si pensa che quando si conoscono, nell’estate 1960, lui si trova nel pieno dell’infelice storia che sta dietro le pagine di Un amore. «Scrivo per sfogare l’ansia. Questo marasma orrendo. Un fuoco alla bocca dello stomaco», annota su un foglio una mattina in redazione. «Con chi sarà adesso? Si è già alzata?». E tempo dopo: «Da qualche tempo mi tremano le mani, la calligrafi­a è diventata quella di un vecchio: io lo sento questo tremito sgorgarmi fuori dalle profondità dell’anima e del corpo dove si è annidata lei e ride vittoriosa assaporand­o la sua dominazion­e su di me, ben sapendo di farmi impazzire». Sarà la scrittura, come sempre, a salvarlo. Buzzati scrive Un amore a mano, di getto, come una sofferta confession­e. Un flusso continuo, fatto di frasi lunghe con una punteggiat­ura essenziale, dove è chiaro il bisogno di sfogarsi, di liberarsi di angosce e pene troppo a lungo represse. Quando il romanzo arriva in libreria suscita polemiche e scalpore per il tema trattato e il passaggio dallo stile fantastico al realismo. Divide la critica, ma conquista il pubblico. E, come lo stesso Buzzati aveva previsto chiedendo al suo editore «un lancio strepitoso», in un anno arriva alla quarta edizione superando le 65 mila copie vendute che diventeran­no oltre un milione negli anni 80.

«Ci sono individui che maturano tardi, molto avanti con gli anni», racconta Buzzati a Paolo Monelli mentre sta scrivendo il libro. «Io debbo essere uno di quelli. Molte cose non le capisco ancora, altre le ho capite quando non mi serviva più di capirle. L’amore per la donna, dico l’amore, non l’andarci a letto, le gelosie, le lacrime di passione, il desiderio di morire o addirittur­a di uccidersi, il piacere disperato di soffrire per un’ingrata, per un’infedele, tutto questo l’ho scoperto solo in questi tempi. Non saprei dire se son diventato finalmente maturo, o arrivo appena adesso ai veri vent’anni». Quel che è certo è che nel gennaio 1972, quando Buzzati è ricoverato in ospedale, la moglie Almerina invita la donna di Un amore perché lui la veda un’ultima volta. «L’incontro fra loro due è avvenuto in mia assenza, io sono sparita», racconterà molti anni dopo. «Poi ho chiesto a Dino se fosse stato contento di averla rivista. Lui mi rispose: “È come se fosse venuta la mia stiratrice”».

La confession­e «Ci sono individui che maturano tardi, avanti con gli anni. Io debbo essere uno di quelli»

 ??  ?? Sopra: Dino Buzzati (1906 – 1972) a 60 anni e la moglie Almerina Antoniazzi (19412015) all’epoca venticinqu­enne. La foto è stata scattata a Parigi nel 1966 durante il viaggio di nozze. Il matrimonio era stato celebrato l’8 dicembre 1966 a Milano
Sopra: Dino Buzzati (1906 – 1972) a 60 anni e la moglie Almerina Antoniazzi (19412015) all’epoca venticinqu­enne. La foto è stata scattata a Parigi nel 1966 durante il viaggio di nozze. Il matrimonio era stato celebrato l’8 dicembre 1966 a Milano

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