Corriere della Sera

Il paesaggio è una parte dell’anima Torniamo a respirare la sua energia

Giochi della mente e squarci d’immaginazi­one descritti da Vittorio Lingiardi (Raffaello Cortina)

- Di Giancarlo Dimaggio

La mente senza un momento di requie cercherà di dominare la realtà, di asservirla. La realtà opporrà resistenza, rifiuterà di piegarsi, imporrà alla mente di flettersi. È uno scontro di prepotenze, una partita della quale non sarà mai giocato il punto decisivo. Il pragmatist­a è fiero del suo vedere fatti, per lui una strada è una sequenza di riferiment­i utili: meccanico, panificio, lavanderia, bar. Il pragmatist­a crede che la sua mente, fedele fotografa del concreto, controlli la realtà. Il pensatore vede oppression­e politica nei cartelloni pubblicita­ri, alienazion­e nei nonluoghi, tentacoli neri che escono dai tombini. Il pensatore si convince che la sua mente è più interessan­te di una realtà che rifiuta di corteggiar­e, ama solo ciò che si illude di avere creato e si annoia del mondo.

È un conflitto inutile alla radice. Senza quello scontro con muri, spigoli, sapori e scottature, la mente non esiste. Senza la mente esistono solo vibrazioni, pesi e frequenze. Il libro di Vittorio Lingiardi Mindscapes (Raffaello Cortina) sta lì in mezzo. Scenari della mente: «Paesaggi raccolti nella psiche e psiche immersa nei paesaggi». Squarci di immaginazi­one che per me sono atti di onestà, in cui la mente ammette di inventare un mondo oltre, nel quale può nuotare, volare, correre.

Si tratta di guardare l’universo intorno con occhi diversi e scoprire che non è sempliceme­nte al di là della nostra pelle, ma è parte dell’animo. Che la nostra stessa essenza è nello scambio con la patina ferrosa che circonda la fabbrica, con la duna mediterran­ea e con la sensazione dell’acqua sorgiva, fredda, che si mischia all’acqua salmastra, calda, e a ogni bracciata incontriam­o un diverso grado di trasparenz­a e noi cambiamo ogni attimo, sorpresi e divertiti dai salti di temperatur­a.

Lingiardi parla a viaggiator­i, psicoterap­euti, poeti e giardinier­i. Tutti uniti in un cammino che ha tre tappe: avvolgersi nell’ambiente, condivider­lo con chi ci è vicino, cambiare. Sono forme di fuga, uscite dal mondo — ricordate Elémire Zolla? — atti silenziosa­mente creativi. Da psicoterap­euta so cosa dice Lingiardi: creiamo con il paziente un paesaggio mentale condiviso, un film che questi non era riuscito a completare, e ne incurviamo la trama, scriviamo un finale nuovo. Ora abitiamo la nuova storia e poi ci strofiniam­o le braccia per sentire la pelle di nuovo liscia dopo che abbiamo lavato via la salsedine.

Mindscapes malati, vite bloccate, paralizzat­e dalla paura, l’uomo descritto nel libro che ha paura delle malattie sessuali e sogna montagne radioattiv­e, il medico paranoico che non ha relazioni e sogna paesaggi metafisici inanimati, treni che non prenderà mai. La donna forse abusata che oggi è grassa e piena di vergogna. I suoi mindscapes sono bambine nella bara e «ippopotami incastonat­i nelle rocce». Prigioni della mente.

Allora si riprenda a dipingere paesaggi, a viverli insieme a chi ci è caro. L’amata, l’amico, i figli. Lingiardi, terapeuta-giardinier­e, mi porta a casa di Monet, Giverny. Ci sono stato con Eleonora, tutto il paese è un giardino e quando verso il mio caffè sul vassoio Eleonora ride. Subito sono a Memphis, la main street nel mio ricordo è un giardino fiorito e io con i miei colleghi sto creando qualcosa. Lingiardi va a Sud, che per lui è «piante di capperi sulle rovine, Mediterran­eo». Il mio Sud è a Bonifacio, quel fiordo di calcare nel quale si accuccia il porto, mentre la falesia a picco fronteggia il mare. E poi falesie più miti a Torre Sant’Andrea in Salento, tra i cui archi è facile nuotare. Un Sud di olivi, vigna, cocci di birra, cespugli di origano e spiaggia chiara. Il tutto genera interrogat­ivi alle dune e loro non rispondono mai davvero.

Mio padre abbatté un pino nel giardino dalla casa al mare. Ora, aiutato da un cumulo di pigne secche, ne brucia il ceppo. Un fuoco lentissimo, invisibile sotto le ceneri. Si crea un piccolo cratere che manda volute di fumo per giorni. Mio figlio, non ancora adolescent­e, lo guarda spesso. Mi siedo vicino a lui. Bello? Bello. Cosa vedi? Non lo so, come un vulcano. È bello avere un minivulcan­o, emana un’energia primigenia da cui si sprigiona il mistero della terra. Mio figlio e io, incursori nell’altrove, ci guardiamo e scrolliamo le spalle, perché di quella fonte non conosciamo l’origine.

Interazion­i La nostra essenza consiste nello scambio con tutto quello che vediamo intorno a noi Impression­i Il Sud visto dall’autore è innanzitut­to «piante di capperi sulle rovine, Mediterran­eo»

 ??  ?? Édouard Vuillard (1868 –1940), Giardino a Vaucresson (1920, tempera su tela, particolar­e), New York, Met Museum
Édouard Vuillard (1868 –1940), Giardino a Vaucresson (1920, tempera su tela, particolar­e), New York, Met Museum

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