Legge elettorale, passa il sì
Camera, il patto Pd-Ap-FI-Lega supera il voto segreto. Oltre 40 franchi tiratori
La nuova legge elettorale supera lo scoglio del voto segreto e viene approvata dalla Camera con 375 favorevoli, 215 i contrari. Una quarantina i franchi tiratori. Il patto tra Pd, Forza Italia e Lega ha tenuto. Ora il «Rosatellum bis» passa al Senato. Subito dopo l’approvazione, sono iniziate le proteste in piazza del Movimento 5 Stelle, di Mdp e di Fratelli d’Italia.
La legge elettorale voluta da Pd, FI, Lega e Ap ha superato senza affanni il primo scoglio alla Camera e già tra due settimane, dopo il voto del Senato, potrebbe essere promulgata dal capo dello Stato ed essere così pronta per il suo primo utilizzo nel 2018. «Grande soddisfazione», è il primo commento del segretario dem Matteo Renzi.
Il temuto voto finale a scrutino segreto ha dato — nonostante il coro «Buffoni, buffoni» intonato dal popolo grillino davanti a Montecitorio e l’appello lanciato in Aula ai «franchi tiratori» da Pier Luigi Bersani (Mdp) e da Luigi Di Maio (M5S): «Fate la scelta giusta...» — un esito forse senza precedenti: i sì sono stati 375, i no 215 (M5S, Mdp, Sinistra italiana, FdI e altri) mentre nel voto palese la partita era finita 372 a 149.
Dopo tre voti di fiducia chiesti dal governo Gentiloni — che hanno cancellato 120 scrutini segreti — sono bastati appena due giorni e mezzo di dibattito per arrivare all’unico ostacolo sopravvissuto (il voto segreto è stato chiesto da Mdp). Ma la maggioranza trasversale a 4 ha retto anche se i 375 sì al Rosatellum 2.0 sono lontani dal potenziale di 441 voti rappresentato dall’asse PdFI-Lega-Ap a cui si devono aggiungere i socialisti, Svp, centristi, Scelta civica e buona parte del Gruppo misto. Considerando i 25 assenti nella maggioranza i «franchi tiratori» sarebbero stati, dunque, una quarantina.
Eppure il Rosatellum 2.0 lascia una scia di veleni dietro di sé. Alla fine — con i voti di fiducia — il dibattito ha riguardato solo aspetti marginali della legge, che prevede un terzo di collegi uninominali e due terzi di seggi attribuiti con riparto proporzionale (con sbarramento al 3%) e listini corti bloccati. I deputati, dunque, hanno potuto votare solo sull’introduzione delle urne in plexigas per una spesa di 738 mila euro (bocciata), sul voto per corrispondenza dei marittimi (approvato) e sulla possibilità per i residenti in Italia di candidarsi all’estero con una norma ribattezzata salva-impresentabili che è passata perché nessuno a suo tempo ha
proposto emendamenti soppressivi. Un’altra modifica approvata, per iniziativa del Pd, riguarda l’incompatibilità tra cariche politiche locali all’estero e seggio in Italia che penalizzava la deputata Renata Bueno eletta in Brasile.
Alfredo D’Attorre e Roberto Speranza (Mdp), denunciando la «forzatura» della fiducia, hanno polemizzato sull’assenza del premier che pure aveva parlato di neutralità dell’esecutivo: «Gentiloni — ha risposto Ettore Rosato del Pd — aveva detto “non staremo alla finestra, accompagneremo l’iter della legge”. La “forzatura” la volevate voi con i 120 voti segreti...». Grande soddisfazione anche del verdiniano Massimo Parisi e di Renato Brunetta. E ieri è tornato in Aula anche il re delle cliniche Antonio Angelucci.