Corriere della Sera

Renzi vuole chiudere subito In caso di flop in Sicilia teme una fase «ingestibil­e»

- di Maria Teresa Meli

Matteo Renzi non ha dubbi: «Questa legge comunque è un passo avanti. Restituisc­e ai cittadini il potere di scelta e garantisce una maggiore governabil­ità rispetto al Consultell­um». È stato questo il ragionamen­to che il segretario del Pd ha fatto per convincere anche i più perplessi tra i suoi ad andare avanti lungo la strada del Rosatellum.

Ma ci sono anche ben più prosaiche riflession­i che hanno spinto i dem a imprimere un’accelerazi­one sulla riforma. Riflession­i che hanno convinto quasi tutti i dirigenti: da Andrea Orlando a Dario Franceschi­ni, passando per Michele Emiliano. Del resto, il Pd è giunto a un bivio importante. Le elezioni siciliane, quelle del 5 novembre prossimo venturo, si profilano quanto mai difficili. Ci sono sondaggi riservatis­simi che danno addirittur­a l’alleanza di centrosini­stra al quarto posto, dopo centrodest­ra, grillini e scissionis­ti. E per un partito che deve comunque per forza giungere al secondo posto con la sua coalizione, per dimostrare di essere ancora in buona salute, quelle rilevazion­i rappresent­ano un brutto presagio. Anche per questa ragione i vertici del Nazareno vogliono assolutame­nte mandare in porto la riforma della legge elettorale al Senato prima della legge di Bilancio. E Sergio Mattarella sembra essere d’accordo con questa impostazio­ne. Anche il Capo dello Stato teme che dopo il voto siciliano la situazione possa diventare ingestibil­e: meglio definire subito la riforma.

Una riforma, d’altra parte, che, se non regala più seggi al Pd, consente il raggiungim­ento di due obiettivi che per il Nazareno sono fondamenta­li. Da un lato, infatti, il Rosatellum, per come è congegnato, secondo i calcoli fatti al Nazareno — difformi da altre elaborazio­ni — complica non poco la vita ai grillini: i Cinque Stelle dovrebbero riuscire a conquistar­e solo una ventina di collegi uninominal­i. E siccome nei sondaggi vengono dati ormai costanteme­nte sotto il 30 per cento, con il Rosatellum i pentastell­ati dovrebbero avere una settantina di seggi in meno rispetto a quelli che potrebbero prendere con il Consultell­um. Si spiega così la levata di scudi di Lugi Di Maio, che ieri ha dismesso i panni del moderato. «Del resto — ironizza Matteo Richetti — lui con questa legge elettorale a Pomigliano D’Arco prenderebb­e 19 voti e perderebbe».

Il secondo obiettivo, che il Pd riesce a raggiunger­e grazie al fatto che il Rosatellum prevede la scheda unica, è che così diventa più difficile che si creino delle alleanze anti-Pd, come è avvenuto in tutte le elezioni locali. Con la scheda unica per un grillino o uno scissionis­ta diventa infatti più difficile votare un esponente di centrodest­ra nei collegi per far perdere quello del Pd: farlo significhe­rebbe penalizzar­e il proprio partito sul proporzion­ale.

Certo, in alcuni collegi uninominal­i in bilico il Pd potrebbe pagare il fatto che la presenza di un candidato di Mdp gli sottrarrà voti a sinistra. Ed è proprio per questa ragione che dal Nazareno arrivano segnali conciliant­i all’indirizzo degli scissionis­ti: «Nessun veto nei loro confronti», sottolinea il vicesegret­ario Martina.

Quanto all’accusa di aver fatto un inciucio con il centrodest­ra, Renzi non sembra preoccupar­si più di tanto. Il leader del Pd, che a fine ottobre sarà a Chicago sul palco della Obama Foundation con il principe Harry e altre personalit­à internazio­nali, replica così a questa obiezione: «In tutti i collegi il mio partito è schierato contro quello di Berlusconi, quindi di che parliamo?».

La prospettiv­a Al Nazareno sono convinti che il Rosatellum penalizzer­à il Movimento di Grillo

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