Ghedini e le mosse «nordiste» che irritano gli azzurri del Sud
In FI c’è chi lamenta: dal cerchio magico all’avvocato magico
«Ci stanno spingendo verso un burrone. Siamo passati dal cerchio magico all’avvocato magico...». La voce viene fuori da uno di quei capannelli di deputati che si formano nei corridoi più riparati di Palazzo Montecitorio. Lontani dai colleghi di partito, fermi sulla linea ufficiale del sì incondizionato al Rosatellum. Lontani dai giornalisti. A comporlo, un gruppo di parlamentari centro-meridionali di Forza Italia, molti dei quali animeranno le due giorni del riscatto sudista del berlusconismo in programma domani e dopodomani a Ischia. Nel mirino lui, Niccolò Ghedini, che a torto o a ragione viene considerato l’artefice della svolta che ha portato «sulla carta» gli azzurri — la segretezza dell’urna è un aspetto imponderabile — a sostenere quella legge che, come ha ribadito ieri pomeriggio Nunzia De Girolamo in diretta tv da Enrico Mentana, può provocare la «salvinizzazione» del centrodestra. Premiando i candidati del Nord, favoriti dal ritorno alla coalizione con la Lega, a dispetto di quelli del Centro e del Sud, penalizzati dal trovarsi nell’area geografica dove Pd e Cinque stelle la fanno da padrone.
Impossibile parlare di «scontro», anche perché i due hanno ottimi rapporti personali. Ma è un fatto che, sull’altare della legge elettorale tanto cara quanto a Renzi tanto a Salvini, sulla scelta di sostenere il Rosatellum si è consumata una piccola rottura tra Gianni Letta e lo stesso Ghedini. Il primo era convinto che aggiungere un locomotore forzista al treno della legge elettorale servisse «essenzialmente ad arrivare al modello tedesco», che stava in cima ai desiderata di Berlusconi. Così prevedeva il piano iniziale. L’abilità dell’avvocato padovano è stata quella di rovesciare lo schema di gioco. Ha stretto un patto di ferro con i capigruppo Brunetta e Romani (sono entrambi del Nord Italia), ha portato dalla sua il corpaccione settentrionale del partito azzurro e ha trasformato in definitiva quella che era un’opzione provvisoria.
Si muove da coordinatore nazionale di Forza Italia, l’«avvocato magico». Nessuno gli imputa mancanza di lealtà o
colpi «sotto la cintura», anche perché a dispetto della fama — come ripete anche Berlusconi — «Niccolò è un uomo buono e anche simpatico». Ma è un fatto che, da quando ha sostituito da solo il vecchio cerchio magico guidato da Maria Rosaria Rossi, in tanti hanno ricominciato a trovare difficoltà nel farsi passare l’ex premier dal centralino di Arcore. Ghedini ascolta, monitora, smista, controlla. Non c’e nomina interna che non passi dalla sua scrivania per poi, quasi sempre, morire là. E non è un caso se Massimo Palmizio, il coordinatore di Forza Italia in Emilia Romagna che l’avvocato si era ripromesso di destituire, si sia guadagnato tra i colleghi e gli amici il soprannome di «miracolato». Per il semplice fatto di essere riuscito a farsi passare al telefono Berlusconi — «Un colpo di c...o», l’avrebbe definito con gli amici — e sventare il blitz.
Tolti i parlamentari siciliani, che gli sono grati per l’accordo raggiunto con la Lega sull’Isola, praticamente tutto il fronte del Centro-Sud di Forza Italia ce l’ha con Ghedini. Dai laziali ai campani, dai pugliesi ai calabresi. Tra questi c’è chi ricorda l’esatto momento in cui «l’avvocato magico» entrò a piedi uniti nel dossier sulla legge elettorale. Prima dell’estate, Renato Brunetta aveva convocato i deputati per una riunione via Skype con Arcore. «Così potete parlare direttamente col Presidente e dire quello che pensate». Il tempo di attivare il collegamento e sullo schermo, come un’ombra sull’ex premier, apparve anche lui.