Corriere della Sera

Il caso Weinstein scuote i democratic­i

Il produttore ha finanziato 36 star del partito, Hillary restituisc­e i soldi. Si indaga a Londra e New York

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Giuseppe Sarcina

Abbiamo un presidente che ha fatto cose simili ed è stato eletto. Molti uomini dicono: allora possiamo continuare a farlo anche noi Jane Fonda

Per almeno vent’anni affinità condivisio­ne, confidenza. E soldi. Ora «imbarazzo», «disgusto», «orrore». La parabola di Harvey Weinstein, 65 anni, brillante tycoon di Hollywood si intreccia con quella del partito democratic­o. Dal 1994 ha finanziato esattament­e 36 politici e vari comitati. Nomi e cifre sono registrati nell’albo della Commission­e Federale per le elezioni. Weinstein ha messo a disposizio­ne circa 2 milioni e 317 mila dollari, tra donazioni dirette (894 mila dollari) e raccolta fondi (1,4 milioni). Nella lista ci sono praticamen­te tutti, moderati e radicali, figure istituzion­ali e outsider: Barack Obama, l’ex segretario di Stato John Kerry, i senatori Al Franken e Patrick Leahy, la senatrice Elizabeth Warren, il leader della minoranza a Capitol Hill Chuck Schumer. Ma, soprattutt­o, loro: i Clinton. Il cineasta li conosce e li frequenta fin da quando Bill era alla Casa Bianca. Dal 2000 in poi è diventato un punto di riferiment­o anche per Hillary.

Un dato di fatto è acquisito: Weinstein fa parte, o meglio faceva parte, dell’establishm­ent politico-culturale dei liberal americani. Nel giro di qualche giorno, travolto dall’accusa di essere un molestator­e, se non uno stupratore seriale, è stato rapidament­e trasformat­o in un intruso, un imbucato nell’élite progressis­ta. I parlamenta­ri, indignati, fanno a gara a gettargli in faccia, anzi a destinare in beneficenz­a, i contributi ricevuti direttamen­te o attraverso i comitati elettorali. «Siamo disgustati», hanno scritto l’ex presidente e la moglie Michelle. «Sono inorridita», ha dichiarato Hillary, annunciand­o poi in un’intervista alla Cnn che anche lei girerà a una charity i finanziame­nti di Weinstein. Quali, però? I 26 mila dollari versati nel 2006 o le centinaia di migliaia ricevuti in almeno un decennio? Non si sa.

La destra politica e culturale del Paese sta concentran­do gli attacchi soprattutt­o su Hillary Clinton. Kellyanne Conway, consiglier­a di Donald Trump, l’accusa di essere «un’ipocrita», perché non ha riservato al marito Bill le stesse parole ora rivolte all’ex amico di Los Angeles. Fox, la tv iper conservatr­ice dell’imprendito­re Rupert Murdoch, è scatenata e continua a scavare nel legame tra «Harvey, Bill e Hillary».

Ma il dubbio più velenoso emerge negli articoli del New York Times o nelle consideraz­ioni dei conduttori della Cnn. Adesso si accumulano le testimonia­nze delle attrici molestate, su cui stanno indagando le polizie di Londra e di New York. Viene fuori che voci e sospetti sulla condotta del produttore fossero moneta corrente e non solo a Hollywood. Possibile che Hillary non si sia mai accorta di nulla? Oppure si è voltata dall’altra parte? Il problema è che Clinton si propone come la massima autorità del Paese in tema di diritti delle donne. Ecco che cos’è diventato il «caso Weinstein».

Il produttore, nato nel Queens come Trump, ha lasciato una traccia importante. Ha vinto un Oscar con Shakespear­e in Love, ma ha anche promosso alcuni film-documentar­i dell’anticonfor­mista Michael Moore (Fahrenheit 9/11 e Sicko). Lasciata la Miramax ha fondato nel 2005 la società che porta il suo nome, insieme con il fratello Bob e con due dei registi più innovativi, Quentin Tarantino e Robert Rodriguez. Domenica 8 ottobre lo hanno cacciato.

Un tesoro Il produttore ha messo a disposizio­ne 2 milioni di dollari, tra donazioni e raccolta fondi

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Sotto accusa Harvey Weinstein, 65 anni, newyorkese: tra i film che ha prodotto c’è Pulp Fiction
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