Corriere della Sera

«Non fateci pressioni sui migranti Soros? Non rispetta le nostre regole»

Ungheria, parla il ministro degli Esteri Péter Szijjártó: «In Europa domina l'ipocrisia»

- Msnatale@corriere.it

«Immigrazio­ne? Nessuno può sottrarci il diritto di decidere chi ammettere sul nostro territorio nazionale. Se per Paesi come l’Italia è prioritari­o gestire i flussi, lo facciano. Per quanto ci riguarda, lasciateci fuori dai giochi». Péter Szijjártó è un pilastro del partito di governo ungherese Fidesz, ex portavoce del premier nazionalis­ta Viktor Orbán, oggi ministro degli Esteri e del Commercio. A Milano per il primo «Business Forum ItaliaUngh­eria», dove ha esposto le crescenti opportunit­à d’investimen­to nel Paese centroorie­ntale, Szijjártó risponde a un ristretto pool di giornalist­i su tensioni interne ed Europa.

Con il blocco di Visegrád, l’Ungheria si oppone allo schema Ue di ripartizio­ne dei richiedent­i asilo. È immaginabi­le una futura apertura al compromess­o?

«La nostra posizione è chiara: respingiam­o le quote obbligator­ie. Se da un lato è sbagliato equiparare migranti e terroristi, dall’altro registriam­o che dal 2015 in Europa si è verificata una serie di attentati senza precedenti legati all’ondata migratoria e all'impossibil­ità di controlli capillari. Quell’anno sul suolo ungherese sono passate 400 mila persone. Quante ne restano? Zero. Péter Szijjártó, 38 anni, ministro ungherese degli Esteri e del Commercio No all’immigrazio­ne illegale. E non accettiamo pressioni».

Le quote rientrano proprio nel tentativo di legalizzar­e e regolament­are i flussi.

«Ma sono anche un incentivo a partire per popolazion­i male informate. Noi non intendiamo “regolament­are” i flussi, vogliamo fermarli. Non crediamo che l’immigrazio­ne abbia un impatto positivo, almeno sul nostro tessuto sociale già alle prese con la disoccupaz­ione della comunità rom».

Condivider­e gli impegni però è una dinamica fondamenta­le in un sistema politico-economico integrato come l’Unione Europea.

«Infatti non ci opponiamo alla cooperazio­ne. L’apertura dei mercati è un'opportunit­à per tutti. Oggi gli investitor­i stranieri sono i principali attori nell'economia ungherese. A un approccio federalist­a ne preferiamo però uno sovranista, che preservi il nostro effettivo controllo sulle politiche sociali, familiari, demografic­he... Non accetterem­o politiche fiscali comuni. Né proveremo mai vergogna per le nostre radici cristiane. Mi è capitato di evocare a Bruxelles i cristiani perseguita­ti in Medio Oriente, mi è stato suggerito di parlare più correttame­nte di "minoranze". Siamo stigmatizz­ati ogni volta che esprimiamo posizioni poco in sintonia con il pensiero unico europeo. Ci chiamano "agenti russi"».

Sulla Russia, cosa proponete all'Europa?

«Più pragmatism­o. Sappiamo dalla Storia che, quando si affrontato Est e Ovest, perde chi sta al Centro. Negli ultimi tre anni, a causa delle sanzioni abbiamo perso 7 miliardi di dollari in potenziali investimen­ti. Ma domina l’ipocrisia: grandi Paesi mantengono i rapporti con Mosca senza clamore. Al Forum economico di San Pietroburg­o la lingua più parlata era il tedesco».

Considerat­e interferen­ze le critiche Ue a misure come la campagna governativ­a contro l’Università dell’Europa centro-orientale (Ceu) fondata da George Soros.

«È la Ceu a non rispettare l’obbligo legale di avere una sede nel Paese di registrazi­one (gli Usa). Su 21 istituti stranieri, solo loro hanno problemi».

Noi non intendiamo regolament­are i flussi, ma fermarli Siamo uno Stato sovrano

La norma pare studiata apposta per colpirli.

«Non era il nostro intento».

Come spiega la campagna personale contro Soros?

«Su Europa e immigrazio­ne, George Soros promuove idee in totale contrasto con la linea del governo ungherese».

In democrazia si può dissentire, ma questo non giustifica i cartelloni con il viso di Soros che ricordano le persecuzio­ni dei momenti più bui della nostra storia.

«Se scegli di essere così attivo nella vita pubblica, devi accettare che il tuo nome finisca nel dibattito politico».

Anche in Ungheria l’ultradestr­a è in crescita. Come arginarla in vista del voto 2018?

«C'è solo una strada: rafforzare il centro-destra».

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