Giulio e gli altri pescatori diventati archeologi a Ischia «Portiamo a galla tesori»
In barca con i loro figli, hanno scoperto anche una villa romana
La giornata dei pescatori del borgo di Ischia Ponte è andata bene. «Abbiamo pulito da sabbia e foglie l’antico porto romano. E avviato nuovi sondaggi, accanto ai ruderi di muri crollati». Gli uomini della cooperativa «Marina di Sant’Anna», padri e figli insieme, non vanno solo a caccia di polpi e saraghi, ma anche di anfore e reperti, non calano reti, ma se stessi, con muta e bombole. Pescatori e archeologi subacquei, che stanno riscrivendo la storia dell’isola.
Alessandra Benini, che dirige gli scavi a sei metri di profondità, conferma. «Stiamo smontando la convinzione che a Ischia, prima colonia greca in Occidente, i romani non abbiano avuto una presenza di rilievo». E invece ecco che nella baia all’ombra dell’imponente castello aragonese sono già stati individuati una villa marittima, un ninfeo, e una straordinaria cassaforma. «Una struttura in legno che era usata per la costruzione delle banchine portuali — precisa l’archeologa Benini —. È lunga 24 metri e alta 3, unica nel suo genere per lunghezza e stato di conservazione».
È un cantiere che non ha eguali in Italia, e forse nel mondo. Fortissimamente voluto proprio dai pescatori. Il fondatore e l’anima della cooperativa si chiama Giulio Lauro, 58 anni. «Dieci anni fa, visto che la pesca non rendeva come prima, abbiamo pensato di diversificare l’attività, anche per dare un futuro ai nostri figli. Già negli anni Settanta qui venivano trovati cocci o pezzi di metallo, ma nessuno gli dava importanza. Quando provai a chiedere l’autorizzazione a scavare mi risposero: “Tu non stai buono ca capa”».
Giulio e una decina di colleghi hanno insistito, finché non hanno ottenuto il via libera. E sono partiti, rischiando e finanziando tutto di tasca propria, compresa l’archeologa indicata dalla Soprintendenza. Una scommessa vinta. Gaetano Lauro, 34 anni, è il figlio di Giulio e uno dei sommozzatori che ogni giorno si immerge per portare alla luce l’antico porto di Aenaria. «Mi sono laureato in Scienza del turismo facendo una tesi proprio sulla valorizzazione di questo golfo. Non ho mai pensato di abbandonare l’isola, adesso so che possiamo farcela».
I sogni iniziali si stanno trasformando in progetti. «Abbiamo già definito un protocollo d’intesa con la Soprintendenza, in poco tempo potranno partire i percorsi archeologici sottomarini» promette Antonino Miccio, direttore dell’area marina di Punta Campanella e, «pro tempore», anche di quella Regno di Nettuno, che copre Ischia e Procida. Un doppio incarico che lo sta spingendo a sostenere, con l’appoggio della Regione Campania, la necessità che tutte le 6 aree marine del territorio uniscano gli sforzi per promuovere un’offerta integrata, a partire dal patrimonio sommerso. «Non possiamo solo limitarci a fare protezione — aggiunge —. C’è tutto un mondo attorno che può vivere con attività sostenibili».
I pescatori-archeologi di Ischia si sono costruiti da soli anche una barca con il fondo a vetri. Portano i ragazzi delle scuole a vedere cosa stanno scoprendo. «A bordo c’è l’archeologa ma anche una biologa marina» spiega orgoglioso Giulio Lauro. Da sette anni, da quando l’area degli scavi è vietata alla navigazione, si è riformata la prateria di posidonia oceanica. La baia si sta ripopolando di vita, non solo di storia.