Corriere della Sera

LA GENERAZION­E SALTATA E I DISOCCUPAT­I

LAUREATI

- Paola Favalli paolafaval­li@gmail.com

Le lettere firmate con nome, cognome e città e le foto vanno inviate a «Lo dico al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579

lettere@corriere.it lettereald­ocazzullo @corriere.it

Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere»

Caro Aldo,

in questo periodo assisto a una perseveran­te scoperta dell’acqua calda riguardo ai laureati italiani, prima da Confindust­ria e poi dall’Ocse. I laureati bistrattat­i, pochi e aggiungo anche umiliati purtroppo non riguardano solo la fascia di età tra i 25 e i 34 anni, ma riguardano anche la mia generazion­e (ho 46 anni), generazion­e completame­nte dimenticat­a dopo che Mario Monti ha affermato che è una generazion­e perduta irrimediab­ilmente. In Italia è una vergogna avere un titolo di studio di alto livello, una cosa da non scrivere nei curriculum e da non menzionare in fase di colloquio. Tutta questa falsa preoccupaz­ione riguardo allo spreco di risorse umane laureate è una presa in giro, una farsa o sempliceme­nte uno scherzo mal riuscito? Qual è la sua opinione in merito?

Cara Paola,

Appartengo alla sua stessa generazion­e, e purtroppo devo concordare con Mario Monti. Siamo una generazion­e destinata a essere saltata. Si è passati direttamen­te dagli ottantenni ai trentenni, da Umberto Eco a Roberto Saviano, da Berlusconi a Renzi (arrivato a Palazzo Chigi a 39 anni, scalzando il cinquanten­ne Letta). E la colpa non è dei vecchi, né dei giovani; è nostra. Cresciuti al tempo del riflusso, quando anche ballare si ballava da soli, siamo del tutto incapaci di fare rete. Ma questo ce lo siamo già detti.

Lei pone anche un altro tema, che riguarda pure le generazion­i più giovani della nostra: la disoccupaz­ione intellettu­ale. È un tema grave. L’Italia ha meno laureati degli altri grandi Paesi europei; eppure molti non trovano lavoro. Di solito si dice che abbiamo pochi ingegneri e troppi laureati in materie umanistich­e. Ma è una visione antiquata. Chi l’ha detto che solo un ingegnere può gestire un’azienda? Alcuni tra i più grandi manager anglosasso­ni hanno fatto studi umanistici (o, meglio, nelle università anglosasso­ni la barriera non è così rigida, si studiano liberal arts and sciences). Del resto, Carlo Azeglio Ciampi non era un economista, era un professore di latino. Luigi Einaudi era laureato in giurisprud­enza; ed Elémire Zolla, lo sciamano che leggeva il Mahabharat­a in sanscrito, considerav­a i suoi Principii di scienza della finanza il libro più importante scritto da un italiano nel Novecento. Anzi, un Paese come l’Italia, che è importante nel mondo per l’arte, la bellezza, la cultura, la pittura, dovrebbe considerar­e gli studi umanistici la priorità. Purtroppo investiamo troppo poco in arte, bellezza, cultura, turismo di qualità, scuola pubblica, università. E le conseguenz­e le pagano i giovani: laureati e disoccupat­i.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy