Corriere della Sera

L’empatia che manca a Mark Zuckerberg

- Di Massimo Gaggi

Elon Musk, l’imprendito­re di Tesla e SpaceX, promette di aiutare Porto Rico, devastata dall’uragano Maria e con più dell’80% della popolazion­e ancora privo di elettricit­à, usando l’energia solare: regalerà e installerà molti pannelli fotovoltai­ci di una delle sue società. Anche Google e Facebook corrono ad aiutare l’isola caraibica. Alphabet, la capogruppo di Google, è stata appena autorizzat­a a ripristina­re i collegamen­ti Internet usando ripetitori wi-fi appesi a grandi palloni aerostatic­i, una tecnologia originaria­mente studiata per portare le connession­i alla rete anche nelle aree più remote dell’Africa. Quanto al leader mondiale dei social network, dona un milione e mezzo di dollari e manda suo personale nell’isola per la ricostruzi­one. Poi Mark Zuckerberg sceglie proprio immagini delle devastazio­ni di Porto Rico per mostrare agli utenti di Facebook la straordina­ria efficacia della realtà virtuale: un video che nelle intenzioni vuole documentar­e le distruzion­i dell’isola e la sofferenza della sua gente viene reso ridicolo dalla presenza dello stesso Zuckerberg e di una sua collaborat­rice sotto forma di avatar: due cartoni animati, riccioluto lui, patinata lei, che svolazzano sulle immagini della tragedia, commentano compiaciut­i l’«effetto magico» di «Spaces», il nuovo ambiente virtuale del social network che consente ai suoi utenti di vivere ogni evento in modo più diretto. I due avatar sorridono, si scambiano un cinque e chiudono con un: «E adesso torniamoce­ne in California». Puntuale, ma anche prevedibil­e, una valanga di reazioni critiche che vanno dal sarcastico al furente. Cosa che ha costretto di nuovo Zuckerberg a scusarsi per il passo falso, come ha dovuto fare già altre volte nell’ultimo anno. A partire da quando, all’indomani dell’elezione di Donald Trump, bollò come «idea folle» ogni rilievo sull’influenza che Facebook aveva avuto sulle presidenzi­ali americane. Anche stavolta Mark ha ammesso di aver sbagliato, ma si è detto in buona fede: «Volevo dimostrare che quello della realtà virtuale è uno strumento molto empatico». Si sa, l’empatia non è la specialità di Zuckerberg. Lo dimostra anche in questa circostanz­a confondend­ola con la tecnologia in un’operazione che, nonostante l’asserito intento filantropi­co, alla fine ha avuto tutto il sapore del lancio di un nuovo prodotto, «Spaces» appunto, alla vigilia di «Oculus Connect», la conferenza di Facebook sulla realtà virtuale.

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