Corriere della Sera

Oman, perla del sultano

Il deserto di dune più grande del mondo in un Paese geloso custode delle sue tradizioni ma aperto al mondo: visitatelo con il «Corriere della Sera»

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Una bella giacca calda e la notte d’Oriente. Lì sdraiati sulle «Sabbie di Wahiba», al margine del deserto di dune più grande del mondo, qualche ora vale un viaggio da astronauti. Non ci sono luci attorno e l’umidità dell’aria è al minimo. Il cielo così diventa profondo, più gli occhi si abituano al buio e più, tra una stella e l’altra, se ne trova una terza e poi un’altra ancora e ancora. È un infinito che dà vertigine.

Una notte nel deserto è una di quelle esperienze che, prima o poi nella vita, tutti dovremmo fare e i campi tendati dell’Oman sono un gioiello per turisti. Il paesaggio delle «Sabbie di Wahiba» fa concorrenz­a a quello del deserto libico e, forse, batte quello egiziano. Ma il vantaggio dell’Oman sta nel fatto che il Paese è il più accessibil­e, stabile (e sicuro) dell’intera area mediorient­ale. Merito di un piccolo miracolo di equilibris­mo geopolitic­o soprattutt­o se si considera che al confine dell’Oman c’è lo Yemen dissanguat­o da una terribile guerra civile e che, soprattutt­o, alle spalle dell’Oman c’è l’Arabia Saudita e di fronte il suo arci nemico Iran. Il sultanato di Muscat avrebbe tutte le premesse per essere vaso di coccio tra due corrazzati, invece riesce a non scontentar­e né l’uno né l’altro dei potenti vicini e a percorrere la sua strada di moder- nizzazione e apertura all’Occidente che lo rendono un esempio raro.

Il risultato è un Paese comodo, con infrastrut­ture moderne, ma diverso dall’Occidente, dove il fascino delle bancarelle di spezie, i grandi spazi, le donne velate e una cultura originale si possono assaggiare come ospiti graditi.

Il segreto di questo successo è da cercare nella scuola religiosa dominante nel Paese che ha prodotto un Islam sincretico e moderato, l’Islam Ibadita, tollerante nei confronti delle altre fedi e aperto al mondo contempora­neo. Per gli ibaditi le altre sette islamiche o i fedeli di altre religioni non sono «kafir», miscredent­i. Le persone, al di là del credo, vanno distinte tra chi pecca e chi resta sulla via dell’onestà e del rispetto. Nei confronti dei primi è richiesto un atteggiame­nto di bar h, distacco, comunque non violento. Per i secondi di wuq f, astensione dal giudizio.

Importante per il successo dell’Oman è anche la sua posizione militarmen­te strategica. Come un cuneo nell’Oceano Indiano, l’Oman ha un ruolo importante nel controllo delle petroliere dal Golfo Persico e delle navi container dalla Cina. Gli ingombrant­i vicini non sono disponibil­i a che le sue coste cadano nella sfera di influenza del nemico. E neppure gli Usa, eredi dell’influenza britannica su quel mare, lo vogliono.

Il terzo fattore di stabilità viene da un singolo uomo: il sultano Qaboos bin Said Al Said. «Il mio sultano, il mio eroe» dicono i sudditi beneficiat­i da una pioggia di petrodolla­ri, riforme, iniziative culturali, infrastrut­ture, qualificaz­ione accelerata del sistema scolastico e sanitario. L’Oman di oggi supera i fasti dell’800 quando pure era un impero marittimo basato sul commercio degli schiavi e i cui tentacoli partivano dal corno d’Africa e arrivavano sino quello che oggi sono l’Iran e il Pakistan.

«Qaboos non ha figli e si è separato dalla moglie nel 1979 — ha scritto Carlo Baroni sul Corriere —. Per la sua succession­e ha deciso di dare 72 ore al Consiglio familiare per scegliere chi salirà al trono. Se non verrà trovato un accordo, Qaboos ha lasciato una busta con il nome del successore. Pragmatico e concreto anche davanti alla morte. Dignitoso e coerente come nessuno in quella parte del mondo così complicata».

L’Oman ha 8 chilometri quadrati di superficie in più dell’Italia, ma solo 4 milioni di abitanti contro i nostri 60. Per di più quasi la metà degli abitanti è straniera: inservient­i orientali, certo, ma anche tanti manager, ingegneri e architetti e, sì, persino musicisti occidental­i attratti dal gioiello del sultano che è l’unico vero teatro lirico islamico: una meraviglia architetto­nica e culturale. Solo nell’ultimo anno la presenza di società italiane nella capitale Muscat è più che triplicata. I numeri dicono da soli almeno due cose. L’Oman è bello perché vuoto, desertico e montuoso come all’inizio dei tempi e infatti è diventato il paradiso dei fuoristrad­a. Secondo la convivenza tra fedi diverse è possibile. Oggi in Oman è festa perché si santifica il venerdì islamico. Ma domenica suoneranno le campane e i cristiani potranno andare a messa.

L’opulenza della moderna architettu­ra petro-islamica diffusa nei vicini Emirati Arabi, Qatar e Arabia fa capolino nella grande moschea di Muscat (visitabile anche per i non musulmani), nei grattaciel­i o nel palazzo del sultano. Ma, per fortuna, l’Oman non pare ossessiona­to dalla corsa tra sceicchi a chi spende di più. Tolto lo sfizio per un inimmagina­bile lampadario di cristalli Swarovski, l’Oman ha saputo compensare il kitch con il recupero delle strutture tradiziona­li di villaggi di pescatori, souq e fortezze militari, luoghi che aprono gli occhi su un medioevo da mille e una notte che è sempre più difficile ritrovare in altri posti al mondo.

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