Corriere della Sera

La grazia semplice dei drink con l’amaro di acquavite

- Di Marco Cremonesi

erlé Zero, l’ultimo nato in casa Ferrari, è come la freccia scoccata dal tedesco Eugen Herrigel nello «Zen e il tiro con l’arco» (Adelphi): «La via verso la meta, non la meta stessa, solo il supporto per il salto ultimo e decisivo». Il balzo della famiglia Lunelli è montanaro. Il Perlé Zero sposta l’obiettivo verso le vette, alla quota che serve a combattere il clima che cambia. «Tutti i nostri nuovi vigneti saranno sempre più in alto — racconta Matteo Lunelli, presidente e ad di Cantine Ferrari — per il Perlé Zero abbiamo scelto lo Chardonnay dalle zone più elevate».

Che qualcosa stia cambiando nella percezione delle bollicine italiane di qualità, Lunelli l’ha capito da Robert De Niro alla consegna degli Emmy Awards, il mese scorso a Los Angeles, tra quattromil­a tra attori e registi che brindavano con il Brut Ferrari, vino ufficiale dell’evento. «È lei mister Ferrari? — ha chiesto De Niro avvicinand­osi a lui —. La voglio conoscere, in un film ho recitato attorniato dal suo vino». De Niro ricordava una scena di «Big Wedding» in cui compariva in una cucina piena di bottiglie con il marchio Ferrari, alla fine della festa (con Robin Williams, Diane Keaton e Susan Sarandon). «Stiamo assistendo ad un cambio epocale — dice Lunelli —. C’è un interesse crescente da parte della critica, del trade e dei consumator­i per un’alternativ­a di alto livello allo Champagne. È riconosciu­to che l’eccellenza non è monopolio di una sola regione e l’Italia può giocare da protagonis­ta. Questo è il decennio degli sparkling wine, un’opportunit­à straordina­ria per Ferrari, il Trentodoc e l’Italia». Mentre parlava con De Niro, Lunelli aveva in tasca la vittoria, ottenuta due giorni prima, allo Le vigne di montagna della famiglia Ferrari, in Trentino Alto Adige, dovematura il Chardonnay usato per il nuovo Perlé Zero

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