Corriere della Sera

Il Perlé d’alta quota e De Niro La scalata delle bollicine

Il momento d’oro per Ferrari, dal monte Bondone a Los Angeles

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Champagne and Sparkling Wine World Championsh­ips, il concorso di Tom Stevenson in cui la famiglia Lunelli è stata proclamata produttore dell’anno (scalzando dal podio il vincitore 2016, la maison di Champagne Luis Roederer).

La scalata che ha portato i riconoscim­enti non è solo metaforica. È diventata realtà con la trasformaz­ione di quindici ettari di bosco nel vigneto Alto Margon a quota settecento metri, sotto la parete rocciosa del Monte Bondone. «In Trentino la temperatur­a si è alzata di un grado negli ultimi trent’anni —

Torna «Autochtona». Il 16 e il 17 ottobre si terrà negli spazi di Fiera Bolzano la quattordic­esima edizione del Forum dei vini autoctoni e sarà possibile assaggiare alcune delle eccellenze enoiche più rare d’Italia. Oltre 100 produttori presentera­nno più di 300 etichette esclusivam­ente da vitigni autoctoni, come il Pallagrell­o, la Freisa d’Asti, il Rossese o la Malvasia Puntinata. Il programma completo su: www.autochtona.it. (g.princ.) spiegano i Lunelli — che corrispond­e a cento metri di altitudine. Una tendenza che continuerà. Per questo stiamo “alzando” i vigneti». La cantina Ferrari ora può contare su centoventi ettari di vigne, in parte bio e con tecniche biodinamic­he, e anche su cinquecent­o famiglie di contadini che conferisco­no l’uva, seguiti da otto agronomi e sei enologi, con un software cartografi­co che manda continuame­nte dati alla casa madre anche per garantire gli interventi che favoriscon­o la sostenibil­ità ambientale.

Il nuovo Perlé Zero racconta questo percorso. È stato presentato a ritmo di jazz pochi giorni fa alla Permanente di Milano, con due chef d’alta quota (Alfio Ghezzi della «Locanda Margon» di Trento e Norbert Niederkofl­er del «St. Hubertus» di Corvara) e venti sommelier schierati attorno a grandi tavolate a semicerchi­o, con al centro un palco con riflettori sulla famiglia Lunelli e sul loro vino. Lo Zero è uno Chardonnay di montagna («dai nostri vigneti più elevati») a dosaggio zero, ovvero senza l’aggiunta (e l’effetto morbido) del liqueur d’expedition. «Niente zuccheri, né scorciatoi­e, un vino nudo che racconta le vette del Trentino». Dorato, profumato di erbe aromatiche e zenzero, sapido e dinamico. Tre annate fuse assieme, 2006, 2008 e 2009, affinate nell’acciaio, («esalta frutto e dell’eleganza aromatica»), nel legno (dona «struttura e ricchezza gustativa»), nel vetro delle magnum, (per avere «profondità ed espressivi­tà»), dal 2010 ad oggi. «È come la musica jazz che state sentendo — ha spiegato Matteo Lunelli —: unisce strumenti e suoni diversi in modo irripetibi­le». Una meta per il salto verso l’alto.

@CorriereDi­Vini

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Matteo Lunelli e Robert De Niro
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