La gioiosa rivincita del burro
Di capra, alleggeriti o chiarificati. Demonizzati per anni, i panetti tornano in tavola e nei prodotti da forno. Complice anche la crisi dell’olio di palma
Che la sociologia si sia occupata del burro — sì, proprio del burro — racconta molto di cosa è successo negli ultimi anni. Amatissimo una volta per cucinare o da spalmare sul pane con la marmellata o lo zucchero (la merenda più antica che ci sia), il burro è lentamente scomparso dalle tavole dagli anni Ottanta. Demonizzato dalle diete salutiste: abbasso il burro, viva (solo) l’olio extravergine d’oliva. Poi, però, qualcosa è cambiato. Già nel 2014 il burro finì sulla copertina del «Time». Titolo: «Mangiate il burro, Gli scienziati hanno bollato i grassi come nemici. Ecco perché si sbagliano». I panetti sono lentamente ritornati in cucina. E persino gli studiosi dei cambiamenti sociali si sono occupati del caso. «Siamo di fronte a una vera e propria revanche del burro — ha scritto Enrico Finzi —, che deriva anche dalle sue caratteristiche organolettiche spesso connesse al piacere di mangiare e, più in generale, di vivere, e al contributo a volte straordinario che il burro dà alla preparazione di taluni cibi e ricette».
Insomma, ritrovata gioia per il palato. «Nell’ultimo decennio è notevolmente cresciuta la percentuale d’italiani che apprezza questo prodotto, arrivata oggi al 47 per cento della popolazione», ha scritto oggi Renzo Pellati nel suo «Conoscere e gustare il burro», appena uscito per Daniela Piazza Editore. Non solo. «Per oltre dieci milioni di italiani il consumo di burro dà evidenti benefici psicologici». Come un vero cibo antistress. Così, del resto, lo considera lo chef Philippe Léveillé, che nel suo «La mia vita al burro» (Giunti), ha raccontato: «In Bretagna, su ogni tavolo di cucina c’è il burro, a tutte le ore e in tutte le stagioni. Questo spiega perché il burro sia per me un elemento di assoluto valore simbolico: il mio dito di bambino trovava morbida accoglienza nella ciotola del burro, prima di essere portato alla bocca e beatamente succhiato».
In realtà dietro alla riscoperta del burro c’è molto di più. La domanda — ha spiegato la Coldiretti in un’indagine delle scorse settimane — è aumentata grazie al riconoscimento delle proprietà salutistiche del burro: una porzione di burro (10 grammi), dicono gli esperti, contiene 24 milligrammi di colesterolo, cioè l’8 per cento della dose giornaliera consigliata. Ma anche, soprattutto nelle cucine professionali, in alternativa a grassi come l’olio di palma, che un numero crescente di grandi industrie sta abbandonando (non a caso in Italia nell’ultimo anno il prezzo del burro è raddoppiato). E allora via libera a panetti interi, o pochi fiocchetti, nei dolci, nel caffè — come si fa oggi negli Stati Uniti, al posto dello zucchero —, nel pesto, come fa Davide Oldani. «Perché quando tu mantechi la pasta — ha raccontato lo chef del«D’O» di Cornaredo — lo fai fuori dal fuoco, non sul fuoco. Quindi serve del burro di primissima qualità che si scioglie piano piano e crea anche una salsa leggermente vellutata che è quella che dà succulenza a tutto il piatto». E poi nella pasta, come fa Riccardo Camanini che al «Lido84» di Gardone Riviera prepara lo spaghettone mantecato al burro con il lievito di birra o Alessandro Borghese che cucina gli spaghetti ispirati al film «Un americano a Roma», con burro di malga, pepe e Parmigiano.
E se in America c’è chi si è inventato la professione di degustatrice di burro, come Elaine Khosrova, autrice di «Butter: a rich history», oggi in Italia si trovano sempre più qualità di burro. Quello di capra è l’ultima novità: dal sapore più deciso (e perciò più adatto a preparazioni salate che dolci), bianchissimo, è facilmente tollerato da chi non beve latte vaccino. Il burro chiarificato, invece, è quello privo di acqua, caseina e lattosio. Contiene, insomma, solo la parte grassa del burro. La sua caratteristica? Ha un punto di fumo più alto, perciò con questo burro si preparano fritti perfetti, soprattutto di carne, senza che niente si bruci. Esiste poi il burro alleggerito, che contiene una bassa percentuale di grasso (tra il 60 e il 62 per cento, quello normale è dell’82), ottimo per il consumo diretto o per essere spalmato sul pane. Il burro salato, invece, comunissimo nei Paesi nordici, si sta diffondendo anche in Italia. Un consiglio? Il burro italiano è prodotto prevalentemente per affioramento della panna dal siero del latte. Ma all’estero si ottiene soprattutto con un altro metodo, centrifugando cioè la parte grassa. Ed è questo il burro migliore secondo gli esperti. Da assaggiare.
Piacere di mangiare «La revanche del burro deriva dalle sue caratteristiche organolettiche, connesse al piacere di mangiare»