Ma in Europa quante compagnie resisteranno?
Era l’anno 2000 quando l’allora commissaria europea ai Trasporti, Loyola de Palacio, profetizzò che delle tante compagnie europee esistenti ne sarebbero rimaste «due o tre, al massimo quattro». Il suo, in realtà, era un auspicio, fatto nel momento in cui l’Europa andava verso l’euro e allungava il passo verso una vera integrazione. In un’audizione alla Camera, la commissaria si scagliò contro gli accordi che le singole compagnie Ue stavano sottoscrivendo con gli Usa perché ne impedivano «la ristrutturazione interna» e favorivano le alleanze «al posto delle vere fusioni che ci vorrebbero per dare una dimensione adeguata al settore aereo europeo». A distanza di 17 anni, quella ristrutturazione è avvenuta negli Usa, dove quattro colossi dei cieli si sono assicurati un futuro in un mondo ormai globalizzato. Se fosse accaduto anche in Europa, oggi non ci troveremmo a fronteggiare l’aggressione dei vettori orientali in condizioni di debolezza e,forse, anche la competizione con le low cost sarebbe andata diversamente. Per tutti questi motivi l’acquisizione da parte di Lufthansa di Air Berlin è positiva ma ancor più lo sarà quella di Alitalia, che pare ormai inesorabile. Certo, ci sarebbe piaciuto trovare il vettore italiano alla guida di uno dei tre poli che resteranno (Lufthansa, Air France-Klm, Iag). Ma se così non è, sappiamo tutti che la colpa non è del destino cinico e baro.