«L’innovazione? Una formula mista pubblico-privato»
Cozzoli(Mise): serve un approccio integrato . Ciai (Deloitte): spinta alla competitività
Industria, finanza, energia, università, pubblica amministrazione, made in Italy. Ormai non c’è ambito in cui la competizione non si giochi sull’innovazione e, senza un sistema Paese che la sostenga, la trasformazione diventa più difficile. Qualcosa però è stato fatto, come spiega Vito Cozzoli, ex capo di gabinetto del Ministero dello Sviluppo economico, nel suo libro «Sviluppo e innovazione. Idee, esperienze e policy per la competitività del Paese», punto di partenza per un dialogo a più voci, ospitato alla Greenhouse di Deloitte a Milano e moderato dal direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana.
È evidente che la forza dirompente dell’innovazione in tutti gli ambiti richiede un approccio integrato, in cui pubblico e privato non sono antagonisti e il capitale umano è centrale. Un contesto in cui l’azione normativa dello Stato ha un ruolo fondamentale. «Il libro vuole testimoniare un approccio diverso della cosa pubblica — ha spiegato Cozzoli — volto a promuovere l’innovazione». Un ruolo che fa del pubblico «un alleato delle imprese», come ha sottolineato dalla viceministra del Mise, Teresa Bellanova, nel suo messaggio alla platea. «Competizione e innovazione sono inscindibili e interdipendenti», ha ricordato l’amministratore delegato di Deloitte Italia, Enrico Ciai. E se «l’innovazione rappresenta il grande terreno di competizione sul quale ogni azienda e ogni professionista dovrà confrontarsi», ha osservato Antonio Cattaneo, Forensic leader di Deloitte, è pur vero che va gestita: «Per un’innovazione di successo — ha spiegato Andrea Poggi, Innovation leader di Deloitte — bisogna applicare regole industriali. Perché non tutta l’innovazione porta sviluppo».
«L’innovazione mette in crisi la stabilità delle imprese perché richiede cambiamento, che deve essere generativo e non solitario, si alimenta di idee e persone», ha evidenziato il ceo di A2A, Valerio Camerano. In più «la velocità con cui evolve la tecnologia è maggiore della capacità di inserirla nelle nostre istituzioni e aziende», ha osservato il rettore del Politecnico di Milano, Ferruccio Resta. È dunque necessario «aumentare la formazione del capitale umano e sostenere le idee per farle diventare prototipi». «Serve un cambio culturale anche nel pensare agli investimenti — ha spiegato Victor Massiah, consigliere delegato di Ubi Banca —: bisogna accettare che è impossibile non sbagliare quando si fa innovazione». E questo va affiancato a una formazione continua perché «non c’è abbastanza capitale umano». «Anche nelle banche esiste una forte innovazione, ma serve capacità di analisi». In uno scenario di innovazione e trasformazione rapida, le regole assumono un ruolo fondamentale. «Viviamo il mondo di Internet senza regole, è come se l’Antitrust non esistesse — ha osservato Francesco Greco, procuratore della Repubblica di Milano —. Esistono monopoli che fanno impallidire quelli fisici. C’è il problema delle tasse non pagate e quello della privacy, dai reati di strada si sta passando alle frodi e al cybercrime». Dunque, conclude Greco, «come regolare l’innovazione?».