UNA SCOSSA DI SOLIDARIETÀ 15
OGGI LA POVERTÀ PUÒ COLPIRE CHIUNQUE LA SOLUZIONE? COMINCIA DA NOI STESSI
La povertà è un’esperienza sgradevole per chi la conosce, ma è anche un virus dalle imprevedibili conseguenze per le democrazie che hanno sperimentato decenni di migliorie sociali. Qualche anno fa alcuni economisti americani cercarono di misurare scientificamente la felicità tenendo conto delle molte varianti che contribuiscono a determinarla. Giunsero alla conclusione che la singola felicità non può prescindere dalle condizioni in cui vive tutta la comunità: siamo più felici quando migliora il nostro benessere un po’ più di quello degli altri; ma anche chi ci sta attorno deve star meglio, altrimenti cominciamo a percepire ostracismo, invidia, malcontento che ci rendono insicuri e annullano il buonumore per i nostri successi.
Questa conclusione, all’apparenza banale, potrebbe spiegare ciò che sta accadendo in Italia, in Europa e Oltreoceano, scelte avventate come la «Brexit» o l’odio per alcune categorie sociali, nonché la ricerca di capri espiatori. Non è un caso che il Nobel per l’economia, quest’anno, sia stato assegnato a Richard Thaler, uno studioso che non si limita ai modelli matematici ma attribuisce grande importanza a quelli comportamentali.
Tutte le statistiche (se ce ne fosse bisogno) sono concordi nel segnalare un aumento della povertà nei Paesi sviluppati da attribuirsi alla crisi finanziaria iniziata nel 2008. In Italia con qualche accento in più. Ma sono passati dieci anni, gli indicatori economici mostrano una ripresa, eppure i livelli di povertà continuano a crescere, così come il divario tra i pochi ricchi e la moltitudine dei poveri e degli impoveriti.
Per la prima volta dal Dopoguerra i figli stanno peggio dei padri e la scala mobile sociale ha invertito la marcia: invece di salire, scende. La rivoluzione tecnologica e la globalizzazione, almeno per ora, stanno mostrando, dal punto di vista sociale, il volto peggiore, con la perdita di posti di lavoro almeno doppia rispetto a quelli creati (spesso precari e peggio retribuiti). In futuro, la tendenza deve necessariamente invertirsi: ne ha bisogno la democrazia per sopravvivere.
Perché ciò avvenga, occorre che sia la politica (è il suo mestiere) sia chi non è toccato dalla crisi contribuiscano a governare la difficile transizione. Senza condivisione del benessere, anche la ricchezza di chi ancora la possiede è a rischio. Probabilmente non ce ne rendiamo ancora conto perché i nuovi impoveriti, quella classe media non abituata agli stenti, sperando che le difficoltà siano passeggere non si vuole ancora autorappresentare.
Un esempio di cosa possano fare i «produttori di ricchezza» è stato presentato in questi giorni da A2A e da Fondazione Cariplo. Si tratta di un progetto a nostro avviso straordinario, un modello pilota per ora limitato all’energia e alla Lombardia; se esteso, potrebbe diventare un ammortizzatore sociale capace di autoalimentarsi. «Nell’ambito dei nostri ForumAscolto, raccogliamo idee su come redida stribuire un po’ della ricchezza che produciamo alle comunità in cui operiamo; abbiamo così individuato un problema crescente: l’impossibilità di molte famiglie di pagare le bollette della luce e del gas», spiega il presidente di A2A Giovanni Valotti, che prosegue: «Abbiamo allora stretto un accordo con Fondazione Cariplo per raccogliere denaro Ceto medio in ginocchio Daniela Poggi è una donna impoverita nel film «L’esodo» destinare a onlus in grado di riconoscere le famiglie afflitte da questo problema e fornire loro il denaro per garantirsi luce e riscaldamento». La raccolta è iniziata all’interno dell’azienda per poi passare agli utenti, attraverso le bollette; quanto raccolto è stato poi raddoppiato da A2A, a cui si è aggiunto un consistente contributo da parte di Fondazione Cariplo.
A oggi la somma raccolta da destinare all’iniziativa «Doniamo energia» è di 2 milioni di euro che dovrebbe aiutare 6 mila famiglie a superare momentanee situazioni di difficoltà. La cosa importante è che chi riceverà l’aiuto si impegnerà a restituirlo quando la sua situazione migliorerà, affinché quel denaro possa servire ad altre famiglie, e se non gli sarà possibile, si impegnerà a ripagarlo con ore di lavoro socialmente utile.
Per Fondazione Cariplo, spiega il presidente Giuseppe Guzzetti, «è un tassello importante della nostra azione e dimostra quanto sia necessario uno sforzo comune tra profit e non profit per arginare le povertà emergenti».
Ora si attende che il progetto possa essere esteso ad altre regioni: «È nelle nostre intenzioni», conclude Valotti. i progetti solidali che riguardano la Lombardia, di cui 4 relativi a Milano
Con i nostri Forum si raccolgono idee valide Giovanni Valotti L’alleanza tra profit e non profit è importante Giuseppe Guzzetti