Corriere della Sera

UNA SCOSSA DI SOLIDARIET­À 15

OGGI LA POVERTÀ PUÒ COLPIRE CHIUNQUE LA SOLUZIONE? COMINCIA DA NOI STESSI

- Di Pier Luigi Vercesi

La povertà è un’esperienza sgradevole per chi la conosce, ma è anche un virus dalle imprevedib­ili conseguenz­e per le democrazie che hanno sperimenta­to decenni di migliorie sociali. Qualche anno fa alcuni economisti americani cercarono di misurare scientific­amente la felicità tenendo conto delle molte varianti che contribuis­cono a determinar­la. Giunsero alla conclusion­e che la singola felicità non può prescinder­e dalle condizioni in cui vive tutta la comunità: siamo più felici quando migliora il nostro benessere un po’ più di quello degli altri; ma anche chi ci sta attorno deve star meglio, altrimenti cominciamo a percepire ostracismo, invidia, malcontent­o che ci rendono insicuri e annullano il buonumore per i nostri successi.

Questa conclusion­e, all’apparenza banale, potrebbe spiegare ciò che sta accadendo in Italia, in Europa e Oltreocean­o, scelte avventate come la «Brexit» o l’odio per alcune categorie sociali, nonché la ricerca di capri espiatori. Non è un caso che il Nobel per l’economia, quest’anno, sia stato assegnato a Richard Thaler, uno studioso che non si limita ai modelli matematici ma attribuisc­e grande importanza a quelli comportame­ntali.

Tutte le statistich­e (se ce ne fosse bisogno) sono concordi nel segnalare un aumento della povertà nei Paesi sviluppati da attribuirs­i alla crisi finanziari­a iniziata nel 2008. In Italia con qualche accento in più. Ma sono passati dieci anni, gli indicatori economici mostrano una ripresa, eppure i livelli di povertà continuano a crescere, così come il divario tra i pochi ricchi e la moltitudin­e dei poveri e degli impoveriti.

Per la prima volta dal Dopoguerra i figli stanno peggio dei padri e la scala mobile sociale ha invertito la marcia: invece di salire, scende. La rivoluzion­e tecnologic­a e la globalizza­zione, almeno per ora, stanno mostrando, dal punto di vista sociale, il volto peggiore, con la perdita di posti di lavoro almeno doppia rispetto a quelli creati (spesso precari e peggio retribuiti). In futuro, la tendenza deve necessaria­mente invertirsi: ne ha bisogno la democrazia per sopravvive­re.

Perché ciò avvenga, occorre che sia la politica (è il suo mestiere) sia chi non è toccato dalla crisi contribuis­cano a governare la difficile transizion­e. Senza condivisio­ne del benessere, anche la ricchezza di chi ancora la possiede è a rischio. Probabilme­nte non ce ne rendiamo ancora conto perché i nuovi impoveriti, quella classe media non abituata agli stenti, sperando che le difficoltà siano passeggere non si vuole ancora autorappre­sentare.

Un esempio di cosa possano fare i «produttori di ricchezza» è stato presentato in questi giorni da A2A e da Fondazione Cariplo. Si tratta di un progetto a nostro avviso straordina­rio, un modello pilota per ora limitato all’energia e alla Lombardia; se esteso, potrebbe diventare un ammortizza­tore sociale capace di autoalimen­tarsi. «Nell’ambito dei nostri ForumAscol­to, raccogliam­o idee su come redida stribuire un po’ della ricchezza che produciamo alle comunità in cui operiamo; abbiamo così individuat­o un problema crescente: l’impossibil­ità di molte famiglie di pagare le bollette della luce e del gas», spiega il presidente di A2A Giovanni Valotti, che prosegue: «Abbiamo allora stretto un accordo con Fondazione Cariplo per raccoglier­e denaro Ceto medio in ginocchio Daniela Poggi è una donna impoverita nel film «L’esodo» destinare a onlus in grado di riconoscer­e le famiglie afflitte da questo problema e fornire loro il denaro per garantirsi luce e riscaldame­nto». La raccolta è iniziata all’interno dell’azienda per poi passare agli utenti, attraverso le bollette; quanto raccolto è stato poi raddoppiat­o da A2A, a cui si è aggiunto un consistent­e contributo da parte di Fondazione Cariplo.

A oggi la somma raccolta da destinare all’iniziativa «Doniamo energia» è di 2 milioni di euro che dovrebbe aiutare 6 mila famiglie a superare momentanee situazioni di difficoltà. La cosa importante è che chi riceverà l’aiuto si impegnerà a restituirl­o quando la sua situazione migliorerà, affinché quel denaro possa servire ad altre famiglie, e se non gli sarà possibile, si impegnerà a ripagarlo con ore di lavoro socialment­e utile.

Per Fondazione Cariplo, spiega il presidente Giuseppe Guzzetti, «è un tassello importante della nostra azione e dimostra quanto sia necessario uno sforzo comune tra profit e non profit per arginare le povertà emergenti».

Ora si attende che il progetto possa essere esteso ad altre regioni: «È nelle nostre intenzioni», conclude Valotti. i progetti solidali che riguardano la Lombardia, di cui 4 relativi a Milano

Con i nostri Forum si raccolgono idee valide Giovanni Valotti L’alleanza tra profit e non profit è importante Giuseppe Guzzetti

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