«Così rischia l’escalation in meno di un anno E presto sarà crisi con gli alleati europei»
IL CONSIGLIERE DI OBAMA BEN RHODES L’uomo dei negoziati: «Più è isolato, più usa i suoi poteri»
La mossa di Donald Trump, la sconfessione dell’accordo sul nucleare, «apre uno scenario molto rischioso». E anche se «oggi ci sembra difficile, aumentano le probabilità di conflitto tra Stati Uniti e Iran. Tempo sei mesi- un anno». Ben Rhodes, 39 anni, è stato il vice consigliere per la sicurezza nazionale di Barack Obama. Ha seguito tutti i principali dossier internazionali e, in modo particolare, le trattative sul «Piano d’azione congiunto globale», firmato il 14 luglio 2015 dall’Iran e da Stati Uniti, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia, Germania.
Trump ha «decertificato», cioè bocciato il patto con l’Iran, senza però ritirarsi completamente. Che cosa cambia adesso?
«È il primo test importante per capire quale sia la strategia reale di questa amministrazione. Il presidente ha imboccato una strada rischiosa».
Ora tocca al Congresso valutare se applicare sanzioni punitive, visto che la Casa Bianca considera Teheran un partner inadempiente...
«Vedremo. Ho l’impressione che il Congresso discuterà a lungo, ma alla fine non approverà nuove sanzioni. È più probabile che assuma una posizione politica dura, senza conseguenze pratiche. Ma a Trump potrebbe bastare per rivendicare, soprattutto con la sua base elettorale, il merito di aver imposto una stretta agli iraniani».
Ci sono diversi problemi. Il più importante, forse: come reagirà Teheran?
«Certo, questo è il passaggio più insidioso. Se il governo iraniano considera questa decisione come la fine dell’intesa firmata nel 2015, si può innescare l’escalation. A Teheran potrebbero rispondere in molti modi, per esempio accelerando il programma sui missili intercontinentali oppure irrigidendo il loro atteggiamento nella regione, per esempio in Siria. A quel punto anche nel Congresso potrebbero prevalere spinte più radicali, magari le sanzioni verrebbero viste come una contromisura inevitabile. L’Iran replicherebbe ancora e così via».
Fino a dove?
«Anche se è difficile immaginarlo ora, sono aumentate le probabilità che si arrivi a un conflitto con l’Iran nel giro di sei mesi-un anno».
Un conflitto che investirebbe anche l’Europa?
«Non credo. Anzi vedo in arrivo una crisi con gli alleati europei. E stiamo parlando di partner fondamentali, anche dal punto di vista economico e commerciale. I Paesi coinvolti direttamente, Gran Bretagna,
Avevamo raggiunto una formula precisa L’Iran si impegna a non fabbricare l’atomica e noi abbiamo gli strumenti per controllarlo. Così si vanifica il lavoro della comunità internazionale Non credo che anche i generali falchi come Mattis vogliano la guerra Ma per evitarla non si può entrare in conflitto con Teheran, bisogna preservare l’accordo sul nucleare Il ruolo del Congresso «Non credo a nuove sanzioni. Ma a Trump basta la presa di posizione di fronte alla sua base» La Corea del Nord «Se ripudia gli accordi, come convincerà cinesi e russi ad aumentare la pressione su Pyongyang?»
Germania e Francia hanno già fatto sapere che l’Iran sta tenendo fede agli impegni. Sicuramente non seguiranno gli Stati Uniti sul sentiero accidentato delle sanzioni».
Poi ci sono Cina e Russia.
«Altre difficoltà, su tanti fronti. Ne cito solo uno: come farà Trump a convincere cinesi e russi ad aumentare la pressione sulla Corea del Nord? Se il presidente ripudia i “deal” esistenti, con quale credibilità può negoziarne di nuovi? Abbiamo già una crisi nucleare, non c’era bisogno di crearne un’altra».
Europa, Russia e Cina confermano l’intesa con l’Iran e coltivano i rapporti economici e commerciali con quel Paese. Che cosa fa Trump?
«Appunto, che cosa fa? Si mette a sanzionare tutto il mondo? È evidente l’errore politico».
Trump sostiene che l’Iran abbia violato «lo spirito» dell’intesa, finanziando il terrorismo, avanzando nella costruzione di missili balistici. Inoltre accusa la precedente amministrazione, cioè voi, di non aver saputo contenere la minaccia…
«Noi abbiamo contribuito a raggiungere una formula che è molto precisa e semplice allo stesso tempo. L’Iran si impegna a non fabbricare la bomba atomica e noi abbiamo gli strumenti tecnici per controllarlo. Fine. Lo “spirito” di cui parla Trump è, in realtà, un tema politico e andrebbe affrontato in termini politici, con strategie separate, non vanificando un obiettivo importante raggiunto dalla comunità internazionale».
Trump è stato frenato dai generali al governo, in particolare da James Mattis, il capo del Pentagono?
«Non credo che i generali intorno a Trump vogliano la guerra. Mattis è da sempre un super falco sull’Iran. Ai tempi di Obama è stato uno dei più strenui oppositori al dialogo. Tuttavia in questi mesi è stato chiarissimo. I fronti su cui gli Stati Uniti dovrebbero concentrare l’attenzione sono altri, a cominciare dall’Afghanistan. Ma per farlo non puoi entrare in conflitto con l’Iran e quindi l’accordo sul nucleare va preservato».
Proviamo a tirare le fila. Trump dovrà fronteggiare l’opposizione degli alleati europei. L’ostilità della Russia. L’irritazione della Cina. Il disaccordo dei generali. L’ostruzione del Congresso. Non è troppo?
«Ma è precisamente questo scenario che mi preoccupa di più. La Costituzione assegna al presidente grandi poteri per quanto riguarda la sicurezza internazionale. Se vuole può ordinare di bombardare un altro Paese, senza neanche avvertire il Congresso e anche se il suo segretario alla Difesa è contrario. Trump ha dimostrato di trovarsi a suo agio nel minacciare altri Stati o altre realtà, come nel caso del bando sui viaggiatori dei Paesi musulmani. Più è isolato, più è probabile che usi i suoi poteri».