Corriere della Sera

LA LATITANZA DI BATTISTI, UNA STORIA CHE FINISCE DURATA TROPPO A LUNGO

- di Rocco Cotroneo

Dovrebbe essere questione di giorni e la lunga vicenda di Cesare Battisti si concluderà con la consegna all’Italia dell’ex terrorista, latitante da quasi quattro decenni. Ormai anche il governo brasiliano ammette che manca pochissimo. Dopo le indiscrezi­oni dei giorni scorsi, ora il ministro della Giustizia, Torquato Jardim, afferma che la decisione di cancellare lo status di residente a Battisti è stata presa, quindi l’estradizio­ne è inevitabil­e. Mancano gli ultimi passaggi giuridici, che appaiono scontati. Quel che è abbastanza sorprenden­te, nelle parole del ministro, è che una delle ragioni decisive è stato proprio il recente tentativo di fuga di Battisti in Bolivia, e quindi il «venir meno del rapporto di fiducia», con il Paese che — tra mille polemiche — pur sempre lo ospitava. Cioè Battisti ha tentato di lasciare il Brasile perché negli ultimi tempi si sentiva poco sicuro, ma proprio per questo gesto ora perde i benefici di cui godeva e si autocondan­na a tornare in una prigione italiana. Poiché appare poco verosimile la sua versione («io non stavo scappando, ero in gita con due amici per pescare a fare shopping alla frontiera») il gran finale è ora in linea con il personaggi­o. Il quale ha condotto una vita sempre al limite, inseguito dai fantasmi del passato e dalle paranoie, senza momenti di ripensamen­to, nella quale l’audacia e l’irresponsa­bilità hanno premiato di più delle famose protezioni. Nelle ultime interviste alla stampa brasiliana Battisti ora invece supplica pietà, mette in mezzo il figlio di 4 anni che rischia di non rivedere più, fa la vittima. Tentativi di rimediare agli effetti devastanti, anche per l’opinione pubblica di qui, del bicchiere di birra alzato alla salute dei fotografi o delle dichiarazi­oni sprezzanti sui suoi diritti acquisiti come «brasileiro». Tutto, ormai, troppo inadeguato e soprattutt­o troppo tardi.

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