Corriere della Sera

Un solo blocco di conservato­ri ed estremisti

- Di Paolo Valentino

Nella notte del trionfo di Sebastian Kurz, è il leader dell’estrema destra HeinzChris­tian Strache a riassumere la morale delle elezioni viennesi: «Una cosa è chiara — ha detto il capo della Fpö — il 60 per cento degli austriaci ha votato per il nostro programma».

Nel cuore dell’Europa c’è un Paese ricco, piccolo ma significat­ivo per storia, cultura e tradizione, dove 6 cittadini su 10 si sono lasciati sedurre da una proposta politica concentrat­a esclusivam­ente sul no all’immigrazio­ne, la lotta alla minaccia islamica, la tolleranza zero verso i rifugiati. È un segnale piuttosto robusto di come in Europa le linee divisorie tra forze conservatr­ici e forze di estrema destra si stiano assottigli­ando, con i partiti moderati pronti a sposare la linea dura su migranti, Islam e sicurezza interna. Dopo quella drammatica subita in Germania dalla Spd, la sconfitta della socialdemo­crazia austriaca, non devastante nei numeri ma storica ponendo fine a 41 anni di potere su 50, è l’altra faccia di una mutazione che sta già cambiando radicalmen­te il paesaggio politico europeo. Ovunque in crisi, le forze di centro-sinistra appaiono sempre più bisognose d’autore, se vogliono fermare un declino lento ma in apparenza inarrestab­ile. Giovane, aitante, elegante, un po’ cyborg nella sua perfezione, Sebastian Kurz è il fatto nuovo, il tratto originale del laboratori­o asburgico. È stato paragonato a Emmanuel Macron, ma non ha creato una «cosa» ab ovo come il presidente francese, scegliendo invece di conquistar­e un partito tradiziona­le e farne lo strumento della propria ascesa. Per non parlare del fatto che, ancorché vago come spesso accade ai leader carismatic­i, Macron la bandiera europea l’ha presa e l’ha difesa durante e dopo la campagna elettorale. Nulla di tutto questo nel caso di Kurz. Il fatto che il partito navetta sia la Övp può suonare rassicuran­te. Ma a parte l’operazione di rivernicia­tura dal nero al turchese e la personaliz­zazione, le cose dette da Kurz in campagna elettorale lo accostano piuttosto a Viktor Orbán che non ad Angela Merkel. Anzi, è proprio contro la signora di Berlino che Kurz ha costruito la propria reputazion­e, prima battendosi per chiudere ai migranti la rotta balcanica, poi spingendo per la fine dei negoziati d’adesione con la Turchia. Certo al giovane leader e cancellier­e in pectore bisogna concedere il beneficio del dubbio e chiedersi se non abbia fatto bene a occupare lo spazio politico alla sua destra, rubando di fatto l’agenda di Strache, che ancora a gennaio era in testa a tutti i sondaggi. L’opposto di quanto ha fatto la Cdu in Germania.

L’obiezione in questo caso è che la Fpö non è stata ridimensio­nata, ma è cresciuta. Di più, come ha osservato lo stesso Strache, è stata del tutto sdoganata: «Siamo arrivati nel centro della società austriaca». Un grande balzo per il partito che fu di Jörg Haider, spauracchi­o dell’Europa all’inizio del Millennio, e per un leader che in gioventù ha avuto frequentaz­ioni con ambienti neonazisti. Ora, per i liberal-nazionali di Vienna la strada del governo è possibile. Riuscirà Sebastian Kurz a farne alleati presentabi­li?

I programmi Gli argomenti di Kurz su Islam e immigrazio­ne lo avvicinano molto più all’ungherese Viktor Orbán che non ad Angela Merkel

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