Corriere della Sera

Lo specchio di un malessere che è europeo

- Di Claudio Magris

Alla conferenza di pace di Parigi, dopo la Seconda guerra mondiale, mentre De Gasperi diceva, con straordina­ria dignità, che sentiva come tutto fosse contro di lui quale rappresent­ante dell’Italia, l’Austria veniva onorata quale vittima del nazismo e dell’annessione, l’Anschluss.

Andreotti se ne sarebbe dichiarato ironicamen­te stupito, perché diceva di ricordare bene le folle tripudiant­i, compresi eminenti porporati che avevano accolto l’ingresso di Hitler a Vienna nel marzo 1938. Pure il referendum sull’annessione si concluse con un plebiscito.

È sterile evocare la doppia anima dell’Austria, l’affascinan­te impero plurinazio­nale, ancorché lacerato da contraddiz­ioni esplosive, con la sua grande e aperta cultura e la torva Austria di molte ringhiose chiusure. Dopo il 1918 e la dissoluzio­ne dell’impero, l’Austria si è trovata a essere una testa amputata del corpo, con una fisiologia politica dissestata che ha vissuto con particolar­e e disordinat­a intensità le contraddiz­ioni che laceravano e infettavan­o l’intera Europa. Lo scatenarsi dei nazionalis­mi, i fascismi di vario genere — risposte paurosamen­te sbagliate a problemi reali che le democrazie non sapevano affrontare — mentre il comunismo sovietico sempre più spietato indeboliva direttamen­te o indirettam­ente, il socialismo democratic­o.

Nel ventennio fra le due guerre mondiali la neonata Repubblica austriaca ha visto lotte intestine e scontri militari tra formazioni di vario genere, fasciste, comuniste, genericame­nte nazionalis­te, tutte l’una contro l’altra. Anni di guerra interna, il Palazzo di Giustizia di Vienna incendiato nel 1927, le repression­i sanguinose del ministro Schober. Un cancellier­e austrofasc­ista, Engelbert Dollfuss, ha bombardato la ribelle «Vienna rossa», la Vienna dei quartieri operai la cui umana edilizia è uno dei vanti dell’umanesimo politico; i nazisti hanno assassinat­o il cancellier­e fascista; il regime austrofasc­ista pateticame­nte difeso dalle divisioni schierate alla frontiera nel 1934 da Mussolini — allora molto critico nei confronti di Hitler — ha creato dei Lager dove venivano rinchiusi insieme nazisti, comunisti, liberali, socialisti.

Tutto questo ha lasciato ferite e spurghi velenosi nel piccolo Paese, come è accaduto analogamen­te pure in altri Paesi. Nonostante questo, la piccola Repubblica austriaca ha scritto, nel secondo dopoguerra, pagine gloriose di tutela sociale, premessa necessaria di ogni ordine e di ogni pace. Il Welfare austriaco ha fatto, a suo tempo, della piccola Austria il Paese forse più europeo, perché il Welfare — che in Austria ha avuto pure i suoi eccessi, alla lunga fatali per un Paese — è una creazione europea per eccellenza, un prodotto umano e politico che l’Europa ha dato al mondo.

Ora l’Austria è inquinata da un malessere simile a quello che si diffonde, come un’epidemia, in tanti Paesi del nostro mondo, rischiando di rendere quest’ultimo non più il nostro mondo. I vincitori di oggi non sono dei protagonis­ti; sono un fenomeno, una febbre, un rigurgito del peggior passato nutrito dei mali più drammatici del presente. Sono un nostro specchio, in cui la nostra faccia non è molto gradevole. Non una pagliuzza, ma una trave nell’occhio dell’Europa. Finis Austriae? Come disse il cancellier­e Schuschnig­g, abbandonan­do il Paese dopo l’Anschluss, «Dio protegga l’Austria». Non solo l’Austria.

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La coda per il pane Donne attendono il loro turno per acquistare il pane a Vienna nel 1918 dopo la fine della Grande guerra

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